Guerre d'Indipendenza e Regno d'Italia
Al ritorno degli austriaci, la città di Vicenza dovette ben presto regolare la propria vita in base ad una lunga serie di norme restrittive di carattere locale, provinciale e regionale, che ebbero un costo estremamente elevato sul piano militare, umano ed economico. Dopo il '48 la cospirazione antiaustriaca si affievolì progressivamente, molti patrioti erano esiliati, isolati i repubblicani, scarsa consistenza ebbe la penetrazione mazziniana; le classi dirigenti clerico-moderate, il clero, la burocrazia, le gerarchie ecclesiastiche, i notabili preparavano la trasformazione.
Negli ultimi anni della dominazione austriaca l'emigrazione liberal-democratica che faceva capo al Comitato Centrale Politico dell'emigrazione veneta a Torino, nel quale Vicenza era rappresentata da Sebastiano Tecchio esercitò un'attiva propaganda a favore dell'unificazione.
L'Armistizio di Villafranca del 1859 a conclusione della II Guerra d'Indipendenza che sanciva: la liberazione della sola Lombardia con il Veneto ancora costretto sotto la dominazione austriaca, provocò la delusione dei patrioti italiani e veneti in particolare per l'inaspettato epilogo.
Il completamento del processo di unificazione nazionale dipendeva soprattutto dal Sud, dove esisteva il più grande stato italiano, il Regno delle Due Sicilie nel quale dopo il '48 si era inasprita la politica di repressione degli ideali liberali e patriottici. In questa situazione maturò il progetto della spedizione garibaldina per liberare il Mezzogiorno.
Con la vittoriosa spedizione garibaldina l'iniziativa del movimento nazionale era clamorosamente tornata alle forze rivoluzionarie e con un successo tale da porsi in concorrenza con quanto era stato ottenuto dalle forze regie.
Inoltre, da Napoli, Garibaldi preannunciava uno sviluppo dell'azione rivoluzionaria diretta contro lo Stato Pontificio.
Ciò costituiva un pericolo gravissimo perchè avrebbe sollevato contro l'Italia non solo l'Austria, ansiosa di prendersi la rivincita sulla batosta toccata nel '59, ma anche Napoleone III che non avrebbe mai permesso, per ragioni di politica interna, la soppressione del potere temporale del Papa.
Il governo piemontese decise allora quella spedizione nell'Italia Centro-Meridionale che avrebbe bloccato la spinta rivoluzionaria verso Roma. L'esercito pontificio fu sconfitto dai regi a Castelfidardo il 10 settembre 1860 e il 27 successivo cadeva la piazzaforte di Ancona. Garibaldi colse la sua definitiva vittoria sui Borbonici nella grande battaglia del Volturno l'1 e il 2 ottobre 1860.
L'intervento dell'esercito regio aveva non solo fermato la marcia rivoluzionaria verso Roma, ma aveva anche impedito che la situazione a Napoli evolvesse secondo quei principi ispirati ad avanzate concezioni politiche professate da tanti seguaci di Garibaldi. Questi, con un atto di generosità, che ne aumentò la gloria ed il prestigio morale, abbandonò al re il regno che aveva conquistato e si ritirò nell’isola di Caprera.
Dolmann delle Scuole di Garibaldi, appartenuto ad Antonio Radovich