Riposo durante la fuga in Egitto

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AutoreLambert Sustris
Periodo(Amsterdam 1520/1526 - Venezia ?)
Datazione1665
SupportoTavola, 77,8x96
InventarioA 79
Autore della schedaGiovanna Baldissin Molli

Attorno agli anni Trenta del Cinquecento l’olandese Lambert Sustris giunge in Veneto apportando, insieme ad altri suoi conterranei - emigrati dalle Fiandre, in particolare da Anversa, a causa delle guerre di religione o per ragioni di lavoro -, elementi nuovi nella tradizione artistica locale: gli sfondi paesistici si fanno più animati e vengono illuminati da una luce fredda e artificiosa, che conferisce forma alle masse e crea particolari contrasti coloristici, mentre le figure si allontanano sempre più dal naturalismo di Tiziano.

La piccola tavola del Museo civico di Vicenza, realizzata da Sustris attorno alla metà del sesto decennio del Cinquecento, è un interessante documento di questo fecondo rapporto tra la pittura italiana e la pittura fiamminga.

Il paesaggio che si apre alle spalle della Madonna e del Bambino è popolato da numerose figure, rese inconsistenti dalla luce intensa e chiara che, penetrando attraverso le nubi, “trascorre sulle cose, gli oggetti, la vegetazione” (Baldissin Molli). Sulla destra del dipinto, il gruppo raffigurante san Giuseppe che abbevera l’asino ad un piccolo ruscello, le cui acque vivaci sono dipinte a rapidi tocchi di bianco, è un singolare esempio della notevole capacità di resa paesistica che Sustris seppe sviluppare, grazie anche all’influenza della pittura di Tintoretto e di Andrea Schiavone. La posa complessa della Madonna, in primo piano, è espressione, invece, del legame dell’artista con la Maniera centroitaliana, diffusa in Veneto anche per merito della sua attività.

Provenienza

registrato dal 1873

Restauri

1985, Antonio Bigolin; 1995, Antonio Bigolin

Inventari

1873a: c. 5, 52. Andrea Schiavon nato 1522, morto 1582. Maria vergine col Bambino. In tavola;1902: c. 40, 187 (176). 178. Madonna col Bambino. Tavola ad olio. Alto 0.80, largo 1.00. Andrea Schiavone. Rotto. Non buona; 1907: c. 20, 178 (176). Andrea Meldola (detto Schiavone) figlio di Simeone, nacque a Zara nel 1522 ed ancor giovinetto passò in Venezia ove morì il primo dicembre 1563, l’arte sua manifestò l’influenza di Tiziano. Madonna col Bambino. Tavola, 0.80x1.00; 1908: 176 (79). Andrea Meldola detto Schiavone. Madonna col Bambino (tavola, 0.80x1.00). Nel 1908 si trova nella seconda stanza a sinistra. Nel 1873 si trovava nella stanza del Cima al n. 52; 1910-1912: 79 (85) esposto. Numerazione vecchia: 176 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 187 catalogo 1902; 52 catalogo 1873; 79 catalogo 1912, 79 catalogo 1940; 79 inventario 1950. Collocazione: sala dei veneti dei secoli XVI e XVII. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensione: 0.80x1.00; inventario 1950 0.81x0.97. Materia e colore: tavola dipinta ad olio. Descrizione: Madonna col Bambino con lo sfondo di un bosco. Autore: Andrea Schiavone; inventario 1950 Lambert Sustris (att. Wilde e Feuchtmayer); catalogo 1940 Andrea Meldolla detto Schiavone; catalogo 1912 Andrea Meldolla detto Schiavone; secondo il prof. Heinemann (comunicazione orale 30 aprile 1957) si tratta dello Schiavone, il Sustris ha tinte molto più tenui; in una comunicazione orale del 31.7.57 ha detto che forse non si tratta nemmeno di Schiavone; prof. Schapiro di Londra (comunicazione orale 2.10.57) Sustris; prof. Fiocco Sustris (comunicazione orale 16.7.58); prof. Heinemann (comunicazione orale 13.2.62) ambito dello Schiavone, ma impasto più grosso.

Descrizione tecnica

Non si conosce la provenienza dell’opera, che compare per la prima volta nell’inventario manoscritto del 1873. Attribuita a Schiavone fino a Wilde (1934), è stata da questi rivendicata al pittore olandese, paternità confermata da Feuchtmayr (1938) e da tutta la critica successiva, che negli ultimi decenni ha senz’altro valorizzato l’attività e l’opera di Sustris. Lo spoglio inventariale rispecchia la storia critica del pittore - che ha registrato scambi a margine con l’opera di Andrea Schiavone - oggi riconosciuto come una delle voci più autorevoli della diffusione della Maniera del Veneto, presente a Padova nel quarto decennio del cinquecento, avendo già alle spalle una serie di preziose esperienze: dalla formazione in patria, al soggiorno a Roma, alla presenza a Venezia, in un dialogo continuo con riprese e ritorni verso la coeva pittura di Tiziano, Veronese, Tintoretto e Bassano. Pittore prensile e ricettivo, Sustris offre le prove migliori nella prima metà della carriera, con una Maniera di alta raffinatezza e originalità, ed effetti preziosi soprattutto negli sfondi paesistici, sentiti come rievocazioni di paesaggi senza corpo, dove le forme in primo piano dichiarano nelle pose complesse e nel disegno decorativo loro sotteso la dipendenza dalla Maniera centroitaliana, di cui l’artista stesso fu uno degli elaboratori e diffusori nel Veneto, come da alcuni decenni una letteratura attenta ha rilevato (si segnalano almeno: Ballarin Al.², 1962; ib., 1968; Mancini, 1993 e, per la segnalazione della bibliografia più significativa: Mancini, 2000).

Sulla cronologia della tela vicentina è generalmente accettata l’altezza alla metà del sesto decennio proposta da Alessandro Ballarin² (1962), per l’intensa suggestione tintorettesca, mediata dallo Schiavone, che si rileva nel paesaggio, animato di vita incorporea e fantastica, grazie all’uso della luce chiara che filtra dalle nubi e trascorre sulle cose, gli oggetti, la vegetazione. La consonanza tintorettesca va nel senso dei paesaggi realizzati dal veneziano nei dipinti della scuola della Trinità e trova riscontro con altre opere del Sustris dell’inizio degli anni cinquanta come i due Battesimi di Caen e di Monaco. Spiazzi ha segnalato le affinità con un Riposo nella fuga in Egitto di Tiziano, andato perduto ma noto attraverso un’incisione di Bonasone datata 1563 (1986).

Tale datazione ha trovato concorde Lucco, che ritiene il dipinto del Museo Antoniano di Padova, generalmente definito un Riposo nella fuga in Egitto, anteriore (metà del quinto decennio) a quello di Vicenza e, va sottolineato, di qualità più alta, per quella carica di lirismo favoloso che immerge le figure nella natura, in un modo che non troviamo più nell’opera posteriore. Proprio il confronto tra le due tele offre la possibilità di cogliere quanto il fine ricettore degli anni trenta e quaranta (Dal Pozzolo, in Basilica…, 1995, pensa che la tela padovana sia del quarto decennio), tenda a perdere la carica di originalità e raffinatezza con l’inoltrarsi del tempo. Nell’opera vicentina la forma raddensata sul piano della Vergine con il piccolo Gesù non si compenetra nel fondo paesistico di umide e lontane profondità, lasciando l’impressione di un artista che inizia ad appiattirsi sulle coeve esperienze della pittura veneziana, lontano dalle sottili invenzioni stilistiche, di un fascino bruciante, disseminate nella tela padovana. Non vi sono ostacoli a riconoscere nell’opera un Riposo nella fuga in Egitto, mentre, pur se con tale titolo è generalmente ricordata anche la tela di Padova, va detto che non di un Riposo si tratta quanto di una Sacra Famiglia con i santi Anna e Giovanninoin un paesaggio (Dal Pozzolo, in Basilica…, 1995, che ha rettificato l’iconografia, preferisce riconoscere nella santa Elisabetta).

Bibliografia

Ongaro, 1912, p. 44 (Schiavone); Bortolan, Rumor, 1919, p. 151; Venturi², 1929, pp. 737, 743 (Schiavone); Arslan, 1934, p. 17 (Schiavone); Wilde, 1934, p. 171; Feuchtmayr, 1938, p. 315; Fasolo, 1940, p. 105 (Schiavone); Pallucchini¹, in I Capolavori…, 1946, p. 140, cat. 249; Pallucchini², in I Capolavori…, 1946, pp. 152-153, cat. 249; Podestà, 1946, p. 156; Magagnato¹, 1949, p. 103; Barbieri, 1952, p. 12; Magagnato, 1953, p. 176; Barbieri², 1954, p. 175; Barbieri-Magagnato, 1956, p. 176; Berenson, 1957, p. 168; Ballarin Al.², 1962, pp. 71-72, 76, 80; Barbieri, 1962, II, pp. 233-234; Lucco, 1981, p. 45; Ballarin An., 1982, p. 103; Spiazzi, in Museo ritrovato…, 1986, pp. 129-130, cat. B23; Barbieri, 1995, p. 72.

Esposizioni

Vicenza, 1986, pp. 129-130.

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