I Rettori di Vicenza Silvano Cappello e Giovanni Moro inginocchiati dinnanzi alla Madonna in trono tra i santi Marco e Vincenzo

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AutoreJacopo Dal Ponte, detto Bassano
Periodo(Bassano del Grappa 1512 circa - 1592)
Datazione1573
SupportoTela, 342x519
InventarioA 49
Autore della schedaLuisa Attardi

La grande tela, firmata e datata 1573, era destinata a decorare, un tempo, la sala del Consiglio dei Centocinquanta nel Palazzo del Podestà a Vicenza, distrutto e poi ricostruito a seguito del bombardamento del 1945.

Fu commissionata a Jacopo Bassano dal capitano Silvano Cappello e dal podestà Giovanni Moro, rettori di Vicenza, come atto di ringraziamento alla Madonna che aveva risparmiato la città dallo scoppio della pestilenza del 1572. In quell’occasione furono inoltre graziati alcuni prigionieri che, come si vede sulla destra del dipinto, vennero scarcerati per mano dei soldati.

L’impianto compositivo monumentale e le notevoli dimensioni del telero, elementi nuovi nella produzione del pittore bassanese, offrirono la possibilità all’artista di misurarsi con le contemporanee realizzazioni di Tintoretto e Veronese. L’imponente struttura architettonica, di matrice tintorettesca, spartisce infatti la composizione in due grandi masse, separate dalla diagonale prospettica della scala. Le figure sulla destra si mostrano sciolte e dinamiche, colte in atteggiamenti estremamente naturali, mentre il gruppo di sinistra, con i due rettori inginocchiati dinnanzi alla Vergine seduta in trono tra i santi Marco patrono di Venezia e Vincenzo patrono di Vicenza, è più statico e composto.

Si tratta di un’opera tarda di Jacopo Bassano, che qui lavora, forse in collaborazione con uno dei figli, stendendo il colore quasi a macchia, con pennellate veloci e impetuose e alternando le ombre ad improvvisi bagliori di luce, che mettono in risalto le tinte più vive e brillanti.

Iscrizioni

sul primo gradino della scala a destra IAC. A. PONTE/ BASS.F.; sul gradino in basso sopra gli stemmi M. D. LXXIII.

Provenienza

Vicenza, palazzo del podestà, sala del consiglio (almeno fino al 1830: Berti); 1831, Palazzo Comunale; 1834, Pinacoteca; 1854, Museo

Restauri

1873, prof. Zappella (MCVi, Museo, b. 4, fasc. 9, 1873, mag. 17 richiesta di autorizzazione di aumento del compenso del prof. Zappella per completare il restauro dei guasti a seguito di precedenti malfatti restauri, evidenziati dopo la foderatura della mezza luna ad opera del signor Antonio Zanchi e l’asportazione della vecchia vernice. L’aumento è deliberato dalla Giunta il 25 luglio 1873); 1957, Giuseppe Giovanni Pedrocco; 1990-1992, Corest

Inventari

1819: Palazzo ove risiede la Congregazione municipale. Giovanni Moro e Silvan Cappello, rettori della città vestiti alla ducale con numeroso corteggio prostrati a’ piedi della Vergine che sta seduta in maestoso trono tenendo il Bambino in grembo ed ha accanto san Marco, in distanza si veggono sopra una scala alcuni ministri con chiavi in mano per iscarcerare dei prigioni; quadro grande a mezzaluna. Giacomo da Ponte. Regia città di Vicenza. L’epoca di quest’opera è del 1572; 1831: 106. Sala detta del Consiglio. Bassano Giacomo. La beata Vergine col Bambino in trono e deputati della città. Comunali, vedi Descrizione delle pitture di Vicenza 1779 per Mosca; [post1834]: 111. Bassano Giacomo. La beata Vergine col Bambino in trono e deputati della città, 28; 1854: 28. 3.60. 5.25. Jacopo Bassano. Maria vergine coi deputati vicentini, figura intera; [1873]: Sala, parete della sala che dà ingresso alle stanze a tramontana, 2. Jacopo da Ponte nato 1510, morto 1592. A richiesta della città di Vicenza, l’anno 1572, ritrasse in questa gran mezzaluna i due rettori, Giovanni Moro e Silvan Cappello, in veste ducale, perché si conservasse la memoria dil loro buon reggimento, prostrati a’ piedi di nostra Donna sedente con il Bambino e san Giuseppe a lato. Dietro a’ quali alcuni servi vestiti in livrea e sopra ad una scala salgono alcuni ministri con chiavi per iiscarcerare prigionieri; 1873b: c. 3, 2. Jacopo da Ponte nato 1510, morto 1592. I rettori di Vicenza Giovanni Moro e Silvan Cappello prostrati dinanzi all’altare di Maria vergine ai lati del quale stanno san Marco e san Vicenzo; 1873a: c. 1, 2. Jacopo da Ponte nato 1510, morto 1592. I ritratti di Vicenzo Giovanni Moro e Silvan Cappello prostrati dinanzi all’altare di Maria vergine ai lati del quale stanno san Marco e san Vicenzo; 1902: c. 1, 5 (3). 3. I rettori di Vicenza dinanzi a Maria vergine, mezza luna. Tela. Alto m 3.40, largo m 5.10. Jacopo da Ponte firma. Non buono. Mediocre. Dalla vecchia Pinacoteca. Firmato; 1907: c. 1, 3 (3). Jacopo da Ponte detto Bassano nacque a Bassano nel 1510 e morì il 13 febbraio 1592, apprese l’arte da Francesco seniore suo padre. I rettori di Vicenza Giovanni Moro e Silvano Cappello dinanzi a Maria Vergine ed alcuni ministri con le chiavi in mano per trarre dalle carceri dei prigionieri; sotto il leone di San Marco vedonsi le armi della città di Vicenza nel mezzo e quelle del rettore Moro a destra, quelle del rettore Cappello a sinistra. Era sopra la porta d’ingresso della sala della residenza municipale, mezza luna. Tela, 3.40x5.10 [depennato dalla vecchia Pinacoteca] firmato; 1908: 3 (49). Jacopo da Ponte detto il Bassano. I rettori di Vicenza, Giovanni Moro e Silvano Cappello, dinanzi a Maria vergine, firmato (mezzaluna, tela, 3.40x5.10). Nel 1908 si trova in sala. Nel 1873 si trova in sala al n. 2. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 si trova in sala al n. 76. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo del 1854 porta il n. 28 e le dimensioni 3.60x5.25. Era sopra la porta di ingresso della vecchia residenza municipale; 1910-1912: 49 (55). Numerazione vecchia: 3 numerazione Commissione d’inchiesta 1908; 5 catalogo 1902; 2 catalogo 1873; 76 catalogo 1855; 28 catalogo 1854; 49 catalogo 1912; 49 catalogo 1940; 49 inventario 1950. Provenienza: dall’antica residenza municipale. Collocazione: sala IV dei vicentini. Forma e incorniciatura: mezza luna con cornice intagliata e dorata. Dimensioni: alto m 3.40, largo m 5.10; inventario 1950 3.42x5.19. Materia e colore: tela dipinta ad olio. Conservazione e restauri: buona. Descrizione: I rettori di Vicenza davanti a Maria vergine, in trono Maria vergine fra i santi Marco e Vincenzo, in basso le figure dei rettori e dietro ad essi e sopra uno scalone laterale molte altre figure; in un fianco della scala si legge la firma dell’autore Jacopo a Ponte Bassanis fecit; sotto la figura di san Marco, gli stemmi di Vicenza e dei due rettori Cappello e Moro con la data 1573. Data: MDLXXIII. Autore: Jacopo da Ponte detto il Bassano; catalogo 1912 Jacopo Da Ponte; catalogo 1940 Jacopo Da Ponte; inventario 1950 Jacopo Da Ponte. Bibliografia: B. Berenson, The venetian painters of the Renaissance, New York 1906; W. Arslan, I Bassano, Bologna 1931, pp. 118, 141-145, 147, 196, 292. Iconografia: foto Alinari n. 13520; foto Fiorentini (Venezia) CN 4554.

Descrizione tecnica

Già menzionato dal Borghini nel 1584 come “un quadro nel palagio” di Jacopo Bassano, il dipinto, firmato e datato 1573, proviene dalla Sala del Consiglio del Palazzo del Podestà a Vicenza, demolito e ricostruito dopo il bombardamento del 1945, ed era collocato sopra la porta che conduce alla “Camera degli Illustrissimi S.S. Deputati” (Boschini, 1676); ancora nella Sala del Consiglio è nel 1779 (Buffetti), mentre Il Forestiere Istruito (1780) lo segnala “in faccia alla porta per cui si entra nella Sala ove si tiene il Consiglio”. Secondo Ridolfi (1648) fu commissionato dalla città di Vicenza per commemorare il buon reggimento dei rettori raffigurati, ed eseguito nel 1572, non nel 1573 come attesta la data posta sul gradino in basso a sinistra del dipinto; dal Ridolfi in poi si trascina nelle fonti l’errore di datazione, che viene mantenuto anche in parte dalla critica moderna (Arslan, 1931; Bettini, 1933). I rettori sono identificati da Ridolfi e Verci (1775) come il capitano Silvano Cappello e il podestà Giovanni Moro, che rimasero in carica rispettivamente dall’1 novembre 1571 all’8 giugno 1573 e dal 29 settembre 1571 all’8 marzo 1573 (Bressan, 1877).

Le ricerche documentarie, condotte da Manuela Barausse nell’occasione di questa catalogazione, chiariscono ora quanto affermato da Donati (1888) circa un ordine di pagamento a Francesco per un lavoro eseguito nel Palazzo del Podestà, e potrebbero circoscrivere l’esecuzione dell’opera entro i primi mesi del 1573, forse entro i limiti temporali dell’incarico al podestà Giovanni Moro. Una nota nell’Archivio del Comune registra il 26 aprile 1573 un pagamento a Jacopo Bassano, ma il nome Jacopo compare alterato e fu scritto probabilmente sopra quello di Francesco (BBVi, Archivio del Comune o di “Torre”, Libri provisioni, vol. 806, c. 358), come aveva letto correttamente nell’ottocento Leonardo Trissino, annotatore della copia conservata nella Biblioteca Bertoliana di Vicenza della Descrizione... curata da Baldarini nel 1779: “comparisce che l’autore di questo quadro sia non Giacomo, ma Francesco da Ponte di Bassano figliuolo di detto Giacomo”. Che il pagamento risulti riscosso da Francesco, da alcuni anni attivo collaboratore di Jacopo, che lo associa nella firma per la prima volta nel 1574 quando data la pala per la chiesa di Sant’Antonio di Marostica, non ha dirette conseguenze sulla sostanziale autografia paterna del lunettone, poiché rientra nelle consuetudini organizzative della bottega sin dai tempi di Francesco Bassano il Vecchio, come documenta il Libro dei Conti alla data 1528, quando Jacopo riceve un pagamento a Valstagna per conto del padre (Libro Secondo..., ms., c. 57r, in Muraro, 1992).

Ridolfi ricorda che l’opera fu eseguita in onore dei rettori e descrive sopra la scala “alcuni ministri con chiavi, per iscarcerar prigioni”. La liberazione dei prigionieri avveniva in coincidenza di grandi vittorie militari o dell’infuriare di un’epidemia, ma poiché nessun fatto del genere si era verificato in quegli anni - e nel dipinto non c’è alcun elemento iconografico allusivo alla pestilenza - Mason Rinaldi (1979) osserva che la presenza del soldato potrebbe riferirsi alle funzioni di capitano svolte da uno dei due personaggi raffigurati (Silvano Cappello) e il motivo della commissione sarebbe unicamente celebrativo. È più probabile, giusta l’osservazione di Rearick (1986, 1992) che l’occasione del dipinto, e la grazia ai carcerati, siano stati un atto di ringraziamento alla Vergine non per aver liberato Vicenza dall’epidemia, come ricorda la tradizione locale (Barbieri, 1962), quanto per averla risparmiata dallo scoppio della peste del settembre 1572. Ai lati della Vergine sono due santi, Marco patrono di Venezia e Vincenzo patrono di Vicenza. Sia Rearick (1992) che Alessandro Ballarin (1992), come già Burckhardt (1855), interpretano il santo diacono come Lorenzo, ma a leggere la descrizione di Boschini (1676) dei dipinti nel Palazzo del Podestà e nel Palazzo del Capitano si incontrano diverse raffigurazioni di San Vincenzo, spesso associato alla città di Vicenza.

Dopo le commissioni religiose per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Eleuterio (Ballarin Al., 1969, pp. 94-95, ed. 1995, I, pp. 163-164: 1565 circa; Rearick, 1992, pp. CXXX-CXXXI: 1567 circa) e della chiesa di San Rocco (Ballarin Al., 1992, pp. CCVII-CCIX, ed. 1995, II, pp. 303-304: 1570 circa; Rearick, 1992, p. CIL: 1576 circa), Jacopo viene chiamato per la terza volta in città dal potere civile che gli offre l’occasione di confrontarsi con la tradizione lagunare del paliotto votivo e soprattutto con gli esiti contemporanei di Tintoretto o Veronese; il telero vicentino può competere per monumentalità di impianto e di dimensioni - del tutto innovativa nella produzione del pittore bassanese - con il dipinto che ha un’analoga destinazione ufficiale raffigurante la Madonna con il Bambino e i santi Sebastiano, Marco, Teodoro, venerata da tre Camerlenghi (Venezia, Gallerie dell’Accademia, inv. 210) eseguito da Jacopo Tintoretto per il Palazzo dei Camerlenghi di Venezia nel 1567 circa (Pallucchini-Rossi, 1982, I, pp. 193-194, n. 302).

La struttura architettonica era già stata lodata da Boschini (1676) e Bertotti Scamozzi (1761), perché di “soda Architettura, grandiosità di pensiero, franchezza di disegno”, ed è di origine tintorettesca, come hanno sottolineato a più riprese Venturi, Arslan e Bettini; ma secondo Rearick la concezione spaziale non bilancia l’impianto compositivo dell’opera, che “è episodica e frammentaria nonostante passaggi di grande forza” (1985), e non certo per la responsabilità della collaborazione di Francesco e dei suoi fratelli in alcuni brani secondari (1992). L’intervento di Francesco nell’esecuzione del lunettone era stato avvertito da Magagnato (1952- 1953) e altri studiosi (Pignatti, 1957; Berenson, 1957; Barbieri, 1962), per alcuni sarebbe riconoscibile nella pittura sfatta degli sfondi.

La novità del dipinto non è solo nell’impianto di grande respiro - legato a una commissione eccezionale - che si imposta lungo un asse prospettico diagonale, come nelle precedenti pale della chiesa di San Rocco a Vicenza e del duomo di Belluno (1571 o 1572), ma nel colore che si accende e “le tinte più squillanti sono fatte risaltare da ombre forzate che le sottolineano, e brillano a zone, sotto gli improvvisi tocchi di luce” (Bettini¹, 1933), ad esempio il soldato sulla scala è rilevato dall’ombra dell’architettura attraverso bagliori di colore rosso, il viso del giovane che sbuca dalla colonna a destra è realizzato per alternanza di luci e ombre, le teste delle figure nella zona superione del lunettone sono ottenute per forti contrasti chiaroscurali con pennellate impetuose, quel dipingere “di macchia, di colpi, e di forza” descritto da Bertotti Scamozzi (1761), che fa risuonare i bianchi nella luce. Al centro i rettori sono contenuti in una pausa d’ombra tra il trono della Vergine e la scala illuminata da un taglio di luce; una pittura meno violenta ed eccitata caratterizza i ritratti, rilevati dal fondo con economia di mezzi, e anche i manti rossi si accendono di pacate striature. In mezzo a tanti colori vivaci la figura della Vergine “è come una zona di riposo di pallore roseo, che s’imbianca alla luce e s’arrossa all’ombra” (Bettini¹, 1933). Secondo Alessandro Ballarin (1992), il lunettone è uno dei capolavori del Bassano, che raggiunge “vertici insuperati di modernità pittorica”, e dipinge dettagli di una naturalezza preseicentesca.

In questo quadro dunque Jacopo conduce un’approfondita riflessione sulle potenzialità del colore in relazione a una base che può essere in ombra, in penombra o in luce, che gli consentirà di deviare verso l’intonazione prenotturna del Trasporto di Cristo di notte del 1574 (Padova, chiesa di S. Maria in Vanzo: Ballarin Al., 1990, p.56; ed.1995, II, p.295). Parallelamente il pittore adotta una tecnica dinamica fatta di pochi colpi veloci, come nei contemporanei disegni a gesso, o di screziature di colore - la manica del giovane paggio a destra, il tessuto sul trono della Vergine - o di una pennellata che sfalda in lampi di luce la consistenza delle forme.

Bibliografia

Borghini, 1584, p. 563; Ridolfi, 1648 (ed. 1914-1924), I, pp. 389-390; Boschini, 1676, pp. 21-22; Bertotti Scamozzi, 1761, pp. 19-20; Verci, 1775, p. 144; Buffetti, 1779, II, p. 12; Bertotti Scamozzi, 1780, pp. 16-17; Berti, 1822, p. 24; Berti, 1830, pp. 23-24; Burckhardt, 1855, ed. 1952, p. 1078 (forse di uno dei figli); Magrini, 1855, p. 54, n. 76; Formenton, 1867, p. 478; Ciscato, 1870, p. 86; Elenco dei principali..., 1881, p. 9, n. 79; Donati, 1888, pp. 26-28; Berenson, 1894, p. 84; Donati, 1894, pp. 16-18; Berenson, 1897, p. 78; Pettinà, 1905, p. 77; Gerola, 1905-1906, p. 951; Gerola², 1908, pp. 33, 36, 38; Zottmann, 1908, p. 31; Gerola, 1910, pp. 95, 103-104; Ongaro, 1912, p. 35; Phillips, 1912, p. 277; Bortolan-Rumor, 1919, p. 151; Zardo, 1923, p. 47; Willumsen, 1927, I, p. 217; Arslan¹, 1929, p. 413; Venturi¹, 1929, p. 124; Venturi², 1929, pp. 1210-1214, 1256-1257, 1260; Bettini, 1930, p. 594; Arslan, 1931, pp. 118, 142-145, 196; Berenson¹, 1932, p. 59; Bettini¹, 1933, pp. 73-77, 172; Peronato¹, 1933, p. 69; Arslan, 1934, pp. 8-9, 16; Goering, 1935, p. 17; Berenson, 1936, p. 51; Fogolari, in La mostra sul ritratto…, 1938, p. 39, n. 76; Fasolo, 1940, pp. 88-90; Pallucchini, 1944, II, p. XXXVIII; Tietze-Tietze Conrat, 1944, p. 50, n. 129; Pallucchini¹, in I Capolavori…, 1946, p. 145, cat. 258; Pallucchini², in I Capolavori…, 1946, p. 159, cat. 258; Podestà, 1946, p. 165; Pallucchini, in Trésors de l’Art…, 1947, p. 41, n. 61; Arslan, 1949, p. 72; Dalla Pozza, 1949, p. 6; Barbieri, 1952, pp. 12-13; Magagnato², 1952, p. 229 (collaborazione di Francesco); Magagnato, in Mostre di dipinti…, 1952, p. 15 (collaborazione di Francesco); Magagnato, 1953, p. 177 (collaborazione di Francesco); Barbieri², 1954, p. 175; Valsecchi¹, 1954, p. 209; Barbieri², 1956, p. 223; Barbieri-Magagnato, 1956, p. 177 (collaborazione di Francesco); Muraro, 1956, p. 18; Berenson, 1957, I, p. 20 (collaborazione di Francesco); Muraro, 1957, p. 296; Pallucchini, 1957, p. 111; Pignatti, 1957, pp. 370-371 (collaborazione di Francesco); Zampetti, in Jacopo Bassano…, 1957, p. 162, n. 65; Berenson, 1958, I, p. 21 (collaborazione di Francesco); Zampetti, 1958, pp. 44-46; Arslan, 1960, I, pp. 118-119, 145, 178; Barbieri, 1962, II, pp. 20-24 (collaborazione di Francesco); Ballarin Al., 1971, p. 147 (ed. 1995, I, p. 195); Barioli-Ballarin An., in Il Gusto e la Moda..., 1973, p. 117; Mason Rinaldi, in Venezia e la Peste…, 1979, pp. 247-248, cat. A20; Ballarin An., 1982, p. 142; Pallucchini, 1982, p. 41; Rearick, 1986, p. 185; Ballarin Al., 1988, p. 1 (ed. 1995, II, p. 253); Ballarin Al., 1992, p. CCXIV (ed. 1995, II, pp. 309-310); Rearick, 1992, pp. CXLV, n. 258 (collaborazione dei figli).

Esposizioni

Belgrado, 1938, p. 39, cat. 76; Venezia, 1946, p. 159; Losanna, 1947, p. 41, cat. 61; Venezia, 1957, p. 162, cat. 65; Vicenza, 1973, p. 117.

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