Circoncisione di Cristo

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AutoreCerchia di Niccolò Pisano
Periodo(fine del secolo XV)
Datazione1508 - 1509
SupportoTela, 173,4x155
InventarioA 32
Autore della schedaGiovanni C.F. Villa

Cartellini

1949-1950 N. 32/ Antonio Solario? (Berenson)/ La Circoncisione; 1954 N. 8469

Provenienza

legato Luigi Rebustello, Vicenza 1887 (vedi campo provenienza cat. 47; MCVi, Museo, Legati, fasc. “Legato dottor Rebustello”, contenente l’elenco dei “quadri di pregio legati al Comune di Vicenza con testamento del dottor Rebustello”, la numerazione inventariale dell’elenco è discontinua: nn. 89-110, 120-126 per un totale di 29 dipinti; tale inventario è presente in duplice copia, una riportante la data di acquisizione da parte del conservatore, Domenico Peterlin, del catalogo dei dipinti corrispondente al 1888, set. 26, l’altra datata 1887, apr. 22, con nota di mano di Domenico Bortolan apposta successivamente alla stesura dell’elenco, che riporta al n. “104. La circoncisione di Gesù Cristo, in tela, di Pietro Vannucci detto il Perugino, il nome a pie’ dell’ara”)

Restauri

1910, Franco Steffanoni; 1957, Giuseppe Giovanni Pedrocco

Inventari

1902: c. 41, 190 (179). 181. La presentazione al tempio. Tela ad olio. Alto 1.71, largo 1.56. Maniera di Vincenzo Foppa [corretto su scuola del Perugino]. Guasto. Non buona. Legato Robustello; 1907: c. 20, 181 (179). Maniera di Vincenzo Foppa. La presentazione al tempio. Tela, 1.71x1.56. Legato Rebustello; 1908: 179 (32). Maniera di Vincenzo Foppa. La presentazione al tempio (tela, 1.71x1.56). Nel 1908 si trova nella seconda stanza a sinistra. Pervenne al Museo per legato Rebustello del 22 aprile 1887 col n. 104 e le indicazioni: La circoncisione di Gesù Cristo, in tela, di Pietro Vannucci, detto il Perugino. Il nome si legge a pie’ dell’ara; 1910-1912: 32 (38). Numerazione vecchia: 179 numerazione Commissione d’inchiesta 1908; 190 catalogo 1902; 104 n. del legato; 32 catalogo 1912; 32 catalogo 1940; 32 inventario 1950. Provenienza: legato Rebustello 1887. Collocazione: sala IV dei vicentini. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: alto m 1.71, largo m 1.56; inventario 1950 0.70x0.57. Materia e colore: tela a tempera. Confronti: cfr. La natività del Fogolino firmata e datata nel Museo di Verona. Conservazione e restauri: guasta, ridipinta e più volte riverniciata, ora liberata dalle vernici e convenientemente ristaurata nel 1910; il Vignola lo dice “sottoposto ad una cauta e diligente pulitura e liberato dal velo che ne offuscava la visione” (Francesco Verla, in “Appunti sulla Pinacoteca vicentina”, Bollettino del Museo civico di Vicenza, luglio-dicembre 1910, pp. 27-29); 1957 restauro prof. Giuseppe Pedrocco, sistemazione della tela e telaio, pulitura a fondo con asportazione dei vecchi restauri e delle ridipinture per il recupero dei toni originali, restauro pittorico intonato. Descrizione: La circoncisione di Gesù, alla base dell’ara si legge la firma apocrifa di Pietro Vannucci. Autore: scuola del Perugino; maniera di V. Foppa, crede che sia lo stesso che ha lavorato al Carmine di Padova (A. Venturi 4.10.1909); mi pare un Fogolino (Steffanoni), certo ha moltissime somiglianze con lo sfondo di un paesaggio del Fogolino del Museo di Verona però, per quanto riguarda le figure, l’affinità è assai minore e queste del nostro quadro ricordano nettamente il tipo peruginesco; crede sia facilmente identificabile per un Verla (F. Vignola, Appunti); catalogo 1912 segnata con firma apocrifa “Perugino”; catalogo 1940 una firma apocrifa “Petrus Vannucci” voleva attribuire l’opera al grande maestro di Raffaello, dopo la pulitura del denso strato di vernici sovrappostavi è quasi del tutto scomparsa e a stento si possono rilevare alcune piccole tracce, Nereo Vignola credette scorgervi la mano di Francesco Verla, ma l’attribuzione non ebbe fortuna, tanto meno quella di Berenson al Solario e nemmeno quella che attribuirebbe l’opera al Fogolino; inventario 1950 derivazione umbro-toscana; W. Arslan (1934) derivazione umbro-toscana; per Berenson dubitativamente di Antonio Solario, per altri, di Fogolino; secondo il prof. Heinemann (comunicazione orale 30 aprile 1957) potrebbe trattarsi di Timoteo Vite (le nuvole ricordano modi dell’Italia settentrionale, non centrale); prof. Lionello Venturi (comunicazione orale 12 giugno 1957) Michele da Verona; prof. Philip Pouncey del British Museum (comunicazione orale 19.9.57) Boccaccino. Bibliografia: F. N. Vignola, Appunti sulla pinacoteca vicentina, Bollettino del Museo, fascc. III-IV.

Descrizione tecnica

La superficie pittorica di quella che nel corso del XX secolo è stata una delle opere più discusse e problematiche della Pinacoteca vicentina, si presenta oggi estremamente impoverita nelle qualità cromatiche, tanto che la quadrotta pala appare quasi un monocromo, anche - e soprattutto - a seguito dei diversi interventi di restauro cui è stata sottoposta. Nell’ultimo di questi fu eliminata la firma PETRUS VANNUCCI apposta alla base dell’ara che, pur essendo palesemente apocrifa, indirizzava verso una sfera stilistica di lunga fortuna storiografica. Così che la tela - fin dall’origine su tela e non, come a volte ipotizzato, un trasporto da tavola - fu registrata al suo ingresso in Museo come di scuola del Perugino in virtù delle forti componenti culturali centro italiane che la caratterizzavano. Elementi tali da condizionarne costantemente la lettura, unitamente al tentativo di individuazione di un’autografia nello stretto ambito vicentino: così Steffanoni, autore del restauro del 1909, ipotizzò la mano di Fogolino mentre, l’anno successivo, Vignola (1910) propose un nome destinato a duratura fortuna: Francesco Verla. Nello specifico fu la famiglia Verla a legarsi stabilmente alla Circoncisione, con la pubblicazione da parte di Zorzi (1916) di un documento del 22 dicembre 1533 che vede attori la chiesa di San Lorenzo e Alessandro Verla - figlio di Francesco e documentato come pittore dal 1521 al 1555 - in una disputa su di un dipinto raffigurante una Circoncisione e santa Caterina: lavoro commissionato da Girolamo Perini di Valdagno, doveva già essere in opera nel 1518 con Valerio Belli che, nel 1536 chiamato a dirimere la controversia scatenatasi tra l’artista e il committente, prorogava i termini di consegna alla fine del 1538. Argomenti che inducevano Zorzi ad assegnare la Circoncisione del Museo ad Alessandro Verla mentre Fiocco, osservando come al dipinto si lavorasse già nel 1518 e tenuto conto del lungo soggiorno romano di Francesco Verla, congetturava fosse quest’ultimo l’artefice primo della pittura. A lui infatti si dovrebbero gli addentellati perugineschi espletati negli scorci dei personaggi o nella fantasiosa impostazione scenica - un colonnato decorato da paraste mediate dalle grottesche parentiniane di Santa Giustina a Padova, che si conclude da un lato in un abside con tetto a capanna e dall’altro in una singolare pedana ove si svolge la scena sacra - che connotano di stilemi umbri una pittura di matrice schiettamente veneto-emiliana.

Se Gerola (1918) propone come soluzione che il dipinto oggi in Museo non fosse che un bozzetto preparatorio, eseguito probabilmente intorno al 1518 da Francesco, per la pala del figlio in San Lorenzo, dopo un intervento di Berenson (1932) a favore di Antonio Solario gli studiosi ammessi nei depositi museali proposero un ampio ventaglio di autori, evidenziando l’evidente disagio di fronte al diversificato insieme di linguaggi del testo: così Heinemann pensò a Timoteo Viti, Lionello Venturi a Michele da Verona, Philip Pouncey a Boccaccino mentre Puppi¹,² (1959) chiamò in causa il perugino Pietro di Galeotto artista che, nel 1476, eseguì una perduta ancona per la cappella Nievo di Santa Corona. Idea indubbiamente suggestiva ma oggi da abbandonare, essendosi cominciato a ricostruire compiutamente la figura di Galeotto (Mancini, 1979).

A chiudere momentaneamente la questione furono gli interventi di Barbieri (1962, 1981, 1995) che, ricucendo abilmente tutte le suggestioni precedenti, osservava come l’aria generale della composizione fosse di “innegabile matrice umbro-toscana”, con il paesag­gio che rivelava “influenze diverse, di sapore padovano-ferrarese” tali da indurre ad un’ascrizione dubitativa del dipinto a Francesco ed Alessandro Verla, con Tanzi (1990) e Banzato (1996) che ribadiscono la problematicità del testo.

Difficoltà che emergono anche dall’attenta analisi dei tipi raffigurati nei diversi gruppi di personaggi, in pose sì tipicamente peruginesche ma attente anche a caratterizzazioni leonardesche e occhieggianti a Lippi e Ghirlandaio. Importante in tal senso l’analisi infrarossa del dipinto, che ha sorprendentemente svelato un accuratissimo disegno sottostante (si veda l’appendice iconografica, pp. 000-000), condotto nei tratti di contorno con un pennello a punta fine e con un medium liquido e piuttosto scuro ma, nella sue parti più corsive, con un carboncino dal segno estremamente esile, a strutturare le figure in dettagliate descrizioni espressive e rade impostazioni strutturali. Dati che, insieme alla nutrita serie di addentellati stilistici individuati per l’opera, sembrano condurre in via di ipotesi verso quell’ambiente ferrarese che accolse un personaggio come Niccolò Pisano nel 1499, artista della cui attività nella città estense prima del 1512-1514 sappiamo poco e in cui la sola pala con i santi Sebastiano, Giuseppe e Giacobbe e ritratti di tre donatori della famiglia Mori nella pinacoteca cittadina (Sambo, 1995, pp. 120-121) sembrerebbe potersi porre verso il 1508-1509, a coprire gli anni del transito di Niccolò da una cultura centro italiana a quella ferrarese. Fu infatti Ferretti (1984, p. 254) a sottolineare l’”intelligenza diretta e fervida” con cui l’artista si applicò alle opere di Perugino e Pinturicchio, attento nelle sue composizioni a certe ortodossie prospettiche e alla forte scorciatura di teste di personaggi narrativamente raggruppati in singoli gruppi scalati su più piani, rimando diretto al dipinto di Vicenza, prossimo a soluzioni come quelle impostate nel 1493 da Niccolò nella predella della pala della chiesa di San Matteo di Pisa (Pisa, Museo Nazionale di San Matteo).

Certamente è azzardato il proporre con decisione il nome di Pisano per la Circoncisione, non avendo termini di raffronto a livello disegnativo con altre sue opere, ma uno sguardo alla temperie culturale nella quale operò il pittore una volta giunto in Emilia può portare a circoscrivere più compiutamente l’autore del testo vicentino.

Bibliografia

Vignola³, 1910, pp. 27-29 (Francesco Verla); Ongaro, 1912, p. 30 (derivazione umbro-toscana); Zorzi, 1916, pp. 62-63, 152, n. 22, 153, n. 23, 154, n. 24, 155, n. 25 (Alessandro Verla); Fiocco, 1917, p. 182 (dipinto ad evidenza vicentino, iniziato forse da Francesco Verla e terminato dal figlio Alessandro); Gerola, 1918, pp. 6-8 (bozzetto di Francesco Verla); Berenson¹, 1932, p. 543 (Antonio da Solario, detto lo Zingaro?); Arslan, 1934, p. 15 (riporta l’opinione di Berenson del 1932 e quella dello Steffanoni al Fogolino); Berenson, 1936, p. 467 (Antonio da Solario, detto lo Zingaro?); Fasolo, 1940, p. 78 (derivazione umbro-toscana); Verla Francesco, 1940, p. 258; Berenson, 1957, I, p. 166 (Antonio da Solario, detto lo Zingaro?); Berenson, 1958, I, p. 172 (Antonio da Solario, detto lo Zingaro?); Restauri…, 1958, p. 263; Puppi, 19586, p. 8 (non è Verla); Puppi¹, 1959, pp.6-7; Puppi², 1959, pp. 4-5 (Pietro di Galeotto da Perugia); Puppi², 1960, pp. 291-292 (Pietro di Galeotto da Perugia); Barbieri, 1962, I, pp. 122, 256-260 (Francesco Verla ed Alessandro?); Puppi², 1967, p. 44 (esclude Francesco ed Alessandro Verla); Barbieri, 1981, p. 40 (Francesco Verla ed Alessandro?); Ballarin An., 1982, p. 77 (attribuito a Francesco Verla), p. 77; Tanzi, 1990, pp. 606, 621; Barbieri, 1995, pp. 56-58 (Pietro di Galeotto? Francesco Verla?); Banzato, 1996, p. 323.