Adorazione dei Magi; nella predella: Annunciazione, Natività, Fuga in Egitto

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AutoreMarcello Fogolino
Periodo(San Vito al Tagliamento, Vicenza, 1483/1488 - Trento? 1550/1558)
Datazione1511
SupportoTela (trasporto da tavola), 213,8x171,4; 11,4x152,5
InventarioA 34
Autore della schedaMaria Elisa Avagnina

Collocata originariamente nella terza cappella di sinistra della chiesa di San Bartolomeo a Vicenza, la pala, caposaldo dell’attività giovanile di Marcello Fogolino (troviamo la firma del pittore sul cartiglio posto sul sedile della Vergine e sulle briglie del primo cavallo sulla destra), raffigura i tre Magi che rendono omaggio alla Sacra Famiglia.

Autentico protagonista dell’opera è, tuttavia, il grandioso corteo che, scendendo lentamente da uno scenografico e scosceso dirupo, muove verso il primo piano, prendendo il sopravvento sull’evento sacro e trasformandolo in una sorta di corollario dell’intera raffigurazione. È una folla di cavalieri e dame, paggi e falconieri, nani di corte e animali esotici (elefanti, cammelli e scimmie) mescolati a pastori, cacciatori e piccoli animali domestici, resi con scrupolosa minuzia e attenzione nella definizione dei dettagli e delle sgargianti cromie. Quello che l’artista ci propone è un universo realistico e fantastico allo stesso tempo, espressione di uno sfarzo, di un gusto ancora tardogotico, tipico del mondo cortese.

Una moltitudine variopinta di personaggi posti entro un paesaggio “archeologicamente fiabesco e umanisticamente romantico” (Barioli) fatto di antiche rovine e castelli medievali, speroni rocciosi e irti sentieri, frutto in parte della fervida immaginazione del pittore, in parte fatto di precisi richiami alla topografia della città di Vicenza. Possiamo distinguere nella struttura architettonica di tipo militare posta al centro del dipinto, il profilo di porta Santa Croce e nell’edificio a pianta centrale adorno di statue, uno dei resti della Vicenza romana allora visibili. La rupe a strapiombo sulla sinistra è stata invece identificata con il “sasso di Donna Berta”, alle pendici dei monti Berici.

Un particolare significativo del dipinto è rappresentato dal piccolo personaggio che disegna alla base del tempio, nel quale è possibile riconoscere l’autore stesso dell’opera.

Iscrizioni

firma Marcellus Fogollinus p. sul cartiglio apposto sul sedile roccioso ove é assisa la Vergine; MARCELO PINTOR sulla briglia del cavallo all’estrema destra

Cartellini

s.d.3 N. 34/ Fogolino/ Re Magi; 1946 N: 24852 […]; 1954 N. 8056; su carta bianca, a stampa con inchiostro nero Museo-Vicenza/ N. 5

Provenienza

Vicenza, chiesa di San Bartolomeo; Vicenza, Sacro Monte di Pietà, 1819; Vicenza, deposito presso il palazzo Municipale, 1820; Vicenza, palazzo Municipale, sala del Consiglio, 1831; Vicenza, acquisto del Comune dalla Congregazione di Carità, 1833 (MCVi, Museo, Acquisti, b. 1, fasc. “Acquisto dipinti Ospedale civile” contenente la corrispondenza intercorsa tra la Congregazione municipale e l’Ospedale civile di Vicenza per l’acquisto di dipinti di proprietà dell’Ospedale, perfezionato con delibera consigliare del 1833, giu. 28, inserto “prospetto dimostrante il prezzo attribuito ai dipinti posseduti dall’Ospedale civile di Vicenza, de’ quali si progetta la vendita a quella Congregazione municipale, eretto dalla Commissione istituita dalla presidenza della imperial regia Accademia delle belle arti coll’ordinanza 8 agosto 1832”, Venezia, 1832, ago. 26: al n.“2. Marcello Fogolino. Visita dei re magi, con mezza luna al di sopra e fregio al di sotto, diviso in tre comparti. Questo quadro composto di molte figure è di una maniera del tutto originale che si avvicina alquanto alla bella maniera peruginesca, sia per il gentile assieme delle figure, come per l’aria nobile dei volti. Egli ha buono e puro disegno, vigoroso e degradato il dipinto de’ volti, come pure pastoso e preciso il chiaro-scuro: rara prerogativa in quell’epoca. Immaginoso nel fondo ed esatto esecutore delle prospettiche architetture; per cui nell’assieme sembrerebbe capace di contrastare la palma ai maggiori artisti di quell’epoca felice; quando però scorger lo si potesse di uguale valore anche nelle figure di maggior dimensione, poiché a quanto appare, non sostenne i grandi dettagli con uguale valore, mentre Giovanni Bellini, il Conegliano, il Basaiti ed altri si scorgono maggiori nell’analizzare le parti in grande, anzichè in piccoli incerti dettagli. È pure da rimarcarsi che un tale autore a fronte di tante bellezze pronunziate in questo quadro, non gode quella somma estimazione nel mondo che si meritarono i Gentilli, Bellini, i Perugini eccetera eccetera. Tuttavia a fronte di tutte queste ragioni in contrario, la bellezza dell’opera c’indusse a stabilire il prezzo di zecchini effettivi n. 450/ quattrocento cinquanta”)

Restauri

1873, Antonio Zanchi; 1994-1995, Corest; 2012 Francesca Faleschini

Inventari

1820: 8. Tavola con la Visita dei magi, con quantità di figure e con decoroso corteggio, ornata di maestosa architettura con un paese e con fregio con tre comparti, che rappresentano l’Annunziata, la Visita de’ pastori e la Fuga in Egitto, opera preciosa di Marcello Fogollino, fatta sopra la tavola prima che vivesse Giovanni Bellino. Proprietà dello Spedale grande degli infermi e de’ poveri amministrato dalla Congregazione di Carità; 1831: 99. Sala detta del Consiglio. Fogolino Marcello. Visita dei re magi e tre comparti sotto che rappresenta l’Annunziata, la Fuga in Egitto, i Pastori. Ospitale civile, n. 2495 del 1820, 8; [1834]1: 143. Fogolino Marcello. La Visita dei re magi con cimiere e tre comparti sotto, 73; 1854: 73. 3.55. 2.25. Fogolino. Adorazione dei re magi; [1873]: Antichi vicentini, quarta stanza a tramontana, parete quarta, 22 (21). Marcello Fogolino visse circa il 1450 [in sopralinea 1400] contemporaneo ai Montagna lo si vorebbe a questi anteriore, ma il costume più antico che egli adottò nel vestire le sue figure contrasta con il suo stile coretto, a comprovarlo egli sarebbe più ancora meraviglioso nella storia dell’arte. La Epifania con l’Annunciazione dell’angelo, la Natività di Gesù Cristo e la Fuga in Egitto nella base della cornice. Opera già in tavola ora trasportata in tela; 1873a: c. 7, 22. Marcello Fogolino fioriva 1450. L’epifania. Dipinto trasportato dalla tavola sulla tela nel 1873 dal signor Antonio Zanchi di Bergamo; 1902: c. 63, 289 (281). 281 [corretto su 24 II]. La Epifania. Tela [depennato ad olio]. Alto 2.10, largo 1.70. Marcello Fogollino. Molto guasto. Non buona. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Il dipinto fu trasportato dalla tavola sulla tela nel 1873 dal signor Antonio Zanchi di Bergamo. La cornice architettonica ha in basso una predella con l’Annunciazione, la Nascita di Gesù Cristo e la Fuga in Egitto. Predella molto deperita cogli stemmi della famiglia Paglierino, il quadro ha un cartellino colla firma: Marcellus Fogollinus o. p.; 1907: c. 32, 283 (281). Marcello Fogollino. la Epifania. Tela, 2.10x1.70. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Il dipinto fu trasportato dalla tavola sulla tela nel 1873 dal signor Antonio Zanchi di Bergamo, la cornice architettonica ha in basso una predella con l’Annunciazione, la Nascita di Gesù Cristo e la Fuga in Egitto. Predella molto deperita cogli stemmi delle famiglie. Il quadro ha un cartellino colla firma: Marcellus Fogollinus o.p. [segue a matita la nota: acquistato dal Comune]; 1908: 281 (34). Marcello Fogolino. La Epifania con predella deperita rappresentante l’Annunciazione, la Natività e la Fuga in Egitto (trasportato dalla tavola nella tela nel 1873 da Antonio Zanchi, 2.10x1.70). Nel 1908 si trova nella stanza dei vicentini. Nel 1873 si trovava nella stanza degli antichi vicentini al n. 22. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 si trova in sala al n. 16. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo del 1854 porta il n. 73 e le dimensioni 3.55x2.25. Nel 1820 fu deposto in Pinacoteca dalla Congregazione di Carità col n. VIII e colle indicazioni: Marcello Fogolino, tavola con la visita dei magi con quantità di figure e con decoroso corteggio, ornata di maestosa architettura con un paese e con fregio, con tre comparti che rappresentano: l’Annunziata, la Visita dei pastori, e la Fuga in Egitto. Lo comperò il Comune il 13 settembre 1833 per 450 zecchini; 1910-1912: 34 (40). Numerazione vecchia: 281 numerazione Commissione d’inchiesta 1908; 289 catalogo 1902; 22 catalogo 1873; 16 catalogo Magrini; 73 catalogo 1854; 34 catalogo 1912; 34 catalogo 1940; 34 inventario 1950. Provenienza: dalla chiesa di San Bartolomeo; nel 1820 fu deposto in pinacoteca dalla Congregazione di Carità; acquistato dal Comune nel 1833 per 450 zecchini. Collocazione: sala IV dei vicentini. Forma e incorniciatura: rettangolare con predella dipinta dallo stesso autore con gli stemmi della famiglia Paglierino. Dimensioni: 3.55x2.25; inventario 1950 2.15x1.75, predella 0.12x1.56. Materia e colore: tavola trasportata su tela a tempera. Conservazione e restauri: screpolato e deperito ma trasportato su tela e restaurato. Descrizione: La epifania, ancona con predella rappresentante L’annunciazione, La natività e La fuga in Egitto; firmato in due luoghi, sopra un cartellino si legge Marcellus Fogollinus o.p. e il nome stesso si ripete sulla briglia di un cavallo. Autore: Marcello Fogolino; catalogo 1912 Marcello Fogolino; catalogo 1940 Marcello Fogolino; inventario 1950 Marcello Fogolino; secondo il prof. Pallucchini (comunicazione orale 26 aprile 1957) il Fogolino risente sia delle influenze dell’Italia centrale sia, in certi punti, della maniera di Giorgione (vedi omini sulla rupe). Iconografia: foto Alinari 13509.

Descrizione tecnica

Il dipinto decorava in origine la terza cappella del lato sinistro della chiesa di San Bartolomeo a Vicenza, dedicata ai Re magi e patronato della nobile famiglia Pagliarini (Barbarano, 1761; Faccioli, 1776), i cui stemmi tuttora si conservano apposti ai lati della predella. Nel 1820 la Congregazione di Carità, proprietaria della chiesa e del convento di San Bortolo, concesse il quadro in deposito al Comune di Vicenza, che nel 1833 lo acquistò per la ragguardevole somma di 450 zecchini. Nel 1822 e nel 1830 l’opera viene segnalata (Berti) nel palazzo comunale, adiacente all’epoca alla Basilica palladiana, per passare dal 1832, insieme con gli altri dipinti di proprietà comunale (Rumor, 1910) nel salone della Confraternita dei Rossi, al piano superiore dell’oratorio di San Cristoforo e, di qui, nel 1855 in palazzo Chiericati, al momento dell’inaugurazione del Museo.

Il documento d’acquisto del Comune (1833), oltre alla predella in tre scomparti, menziona pure al di sopra della pala una non meglio specificata “mezza luna”, che diventa nell’inventario redatto dopo il 1834 un “cimiere”, ma il silenzio delle fonti in merito porta ad escludere la presenza di una lunetta dipinta e fa propendere per un coronamento sagomato, facente parte probabilmente dell’originaria cornice, sostituita da quella attuale, di rifacimento.

Le fonti vicentine sei-settecentesche e la letteratura artistica del secolo XIX hanno riservato al dipinto giudizi unanimemente elogiativi, rispecchiati sul versante economico dalle quotazioni dell’acquisto, superiori a quelle di qualsiasi altra pala di San Bartolomeo, compresa quella molto apprezzata di Cima da Conegliano; mentre il suo autore è stato definito da Lanzi (1831), in termini lusinghieri, “uomo da far epoca nella storia dell’arte”.

Il tema dell’Epifania, soggetto della pala, è rivissuto in termini di fastosità cortese di sapore ancora tardogotico, che tende a relegare a pretesto l’evento sacro, dandone un’interpretazione fiabesca e galante, in cui “le componenti tradizionali della rappresentazione collimano con le richieste della cultura tardo umanistica” (Villa, in Natale…, 2000). Un variopinto corteo di cavalieri, paggi, animali esotici e salmerie, muovendo da uno scenografico dirupo, scende sinuosamente verso la ribalta del primo piano dove la sacra Famiglia attende l’omaggio dei Re magi, attraverso un paesaggio in cui “fantastiche divagazioni” si intrecciano a “dichiarate compiacenze descrittive” (Barbieri, 1995, p. 60) nelle quali è dato cogliere precisi riferimenti alla topografia di Vicenza legati insieme in uno scenario d’invenzione, ad un tempo“archeologicamente fiabesco e umanisticamente romantico” (Barioli, in Il Gusto e la Moda…, 1973): dalla sagoma della trecententesca porta Santa Croce, visibile al centro, separata dal corso del Bacchiglione da uno dei cinque torrioncini a canna rotonda voluti da Bartolomeo d’Alviano nel 1508-1509 a protezione della città durante i rovesci della Lega di Cambrai, allo sprone roccioso sulla sinistra, identificato (Fasolo, 1940) con “il sasso di Donna Berta”, noto strapiombo alle pendici dei Berici, verso le sponde del Retrone, all’edificio a pianta centrale alle sue spalle, adorno di nicchie e statue, in cui , più che un ricordo di Santa Maria di Loreto (Puppi, 1966, p. 123), sembra attendibile riconoscere (Barbieri, 1981, p. 43) un rudere, allora visibile, della Vicenza romana.

Se la paternità dell’opera è garantita ad abundantiam dalla duplice firma - sul cartiglio affisso sul sedile della Vergine e sulle briglie del cavallo fulvo in primo piano - la sua cronologia, priva di addentellati documentari, risulta dibattuta e controversa, così come complesse e sfuggenti si presentano le coordinate stilistiche, tali da giustificare il ventaglio ampio e disparato di riferimenti indicati dagli studiosi. In assenza di elementi archivistici direttamente attinenti alla pala, il tentativo di datazione del dipinto deve far riferimento di necessità ad alcuni passi documentati della vicenda biografica dell’artista. Fra questi, il più certo e decisivo è costituito dal lungo soggiorno di Fogolino a Venezia, durato otto anni consecutivi, come dichiara il pittore stesso in una deposizione resa in qualità di testimone in una causa il 30 marzo 1519 (Zorzi, 1916, pp. 7-8), senza tuttavia specificarne l’anno di inizio o di conclusione. Intorno alle date della trasferta lagunare la critica si è a lungo interrogata, ora anticipandone la decorrenza al 1508-1509, agli anni del conflitto di Cambrai, ora posticipandola al 1511-1512 massimo, e collocando conseguentemente il dipinto prima dell’allontanamento o dopo il rientro a Vicenza di Fogolino. Puppi (1966², p. 122) pone il ritorno del pittore nella città berica intorno al 1515, fissando subito dopo, verso il 1516, l’esecuzione dell’Epifania, seguito nell’ipotesi da Barbieri (1981, p. 21) e dalla Furlan (1997). Al 1511-1512 circa la situa Humfrey (1977), riprendendo l’opinione iniziale di Barbieri (1962, p. 123), mentre Lucco (1990), anteponendola al soggiorno lagunare, la fa risalire all’incirca al 1510, al più tardi al 1511, come ultimo termine utile per il trasferimento veneziano già durato otto anni nel 1519, rilevando la “nettissima distanza mentale” che separa la pala per San Bartolomeo, di cultura ancora quattrocentesca, da opere come la Sacra conversazione già in San Francesco Nuovo a Vicenza e oggi divisa tra il locale Museo civico (cat. 53 A 35) e gli Staatliche Museen di Berlino, che presuppone nuove, più aggiornate esperienze figurative. Su quest’ultima cronologia concorda Banzato (1996, p. 311), mentre Villa (1999 e Villa, in Natale…, 2000) anticipa ulteriormente la data del dipinto agli anni 1508-1509, ipotizzando un abbandono della città berica da parte di Fogolino al sopraggiungere degli Imperiali di Massimiliano guidati da Leonardo Trissino, nel giugno del 1509.

A partire dal clamoroso lapsus di Boschini che la dice fatta “prima che vivesse Giovanni Bellino”, al giudizio dell’Arslan (1956) che la definisce “lavoro primitivo e misterioso”, la pala fogoliniana risulta sorprendente e spaesata rispetto al panorama figurativo coevo, in particolar modo quello dell’egemone cultura lagunare.

Caposaldo dell’attività giovanile dell’artista e sorta di manifesto della sua poetica, il dipinto si caratterizza per le “inclinazioni micrografiche” e per la minuzia e il nitore descrittivi di matrice carpaccesca, di un carpaccismo non necessariamente diretto, ma mediato con probabilità dall’ambiente montagnesco. A ciò si aggiungono per Puppi (1966², pp.118,123) “ricchissime cifre centroitaliane”, tra Signorelli e Pinturicchio, tanto vivaci da far supporre un’esperienza diretta maturata in un supposto, ma non documentato, viaggio attraverso l’Italia centrale intorno al 1514; mentre Barbieri (1981, p. 42), seguito da Romano (1990), muovendosi nel solco di Borenius (1910) e di Fiocco (1932¹, 1943), insiste su colleganze pordenoniane, favorite dall’origine della famiglia del pittore e da possibili spostamenti nel vicino Friuli, divenuti con gli anni successivi sempre più frequenti; in particolare con gli affreschi di San Salvatore di Collalto, riferibili al 1511 (Furlan, 1988, pp. 326-327), andati distrutti nella guerra 1915-1918, ma noti attraverso documentazione fotografica (Fiocco, 1943), di cui la scena dell’Adorazione dei Magi rivela in effetti sensibili analogie con la pala fogoliniana nella disposizione delle figure in primo piano e nel puntuale richiamo della grotta con il bue e l’asino dietro la mangiatoia rappresentata da un sarcofago classico. Contro il proliferare di riferimenti tanto disparati, il più recente contributo sull’argomento (Villa, in Natale…, 2000) tende invece a ricondurre il dipinto ad un filone di gusto lombardo- veronese, caratterizzato da un piglio fantasioso e coloristicamente narrativo, che muovendo dalla decorazione della cappella Grifi in San Pietro in Gessate a Milano, eseguita da Butinone e Zenale intorno al 1487, passa attraverso la pittura della città scaligera, da Liberale, a Giolfino, da Mocetto a Giovanni Maria Falconetto, fino a Francesco Morone, il cui influsso nella formazione del linguaggio fogoliniano era peraltro già stato indicato da Lucco (in Catalogo della Pinacoteca…, 1985).

La data del 1511, ultimo termine utile per la trasferta veneziana e al tempo stesso per la conoscenza, seppur di stretta misura, degli affreschi pordenoniani di Collalto, risulta in conclusione la più convincente, sostenuta sul piano del costume dalle fogge dell’abbigliamento dei personaggi, anteriori ai grandi cambiamenti vericatisi in questo settore dopo il 1512 (Villa, in Natale…, 2000) e avvalorata dall’ipotesi, formulata a proposito dell’ultima pala di Montagna (cat. 38 A 4),di una conclusione del cantiere pittorico di San Bartolomeo intorno alla scadenza del primo decennio.

La pala è stata sottoposta ad un’operazione di trasporto dal tavola su tela nel 1873 ad opera del bergamasco Antonio Zanchi. L’intervento, il più antico di questo genere effettuato su dipinti della pinacoteca, ha suscitato all’epoca un vivace dibattito sui problemi e le scelte della conservazione, di cui sono eco gli interventi di Formenton e di Cabianca sulla stampa di quell’anno.

La fortuna ab antiquo dell’Epifania fogoliniana è attestata dalla tela di identico soggetto, firmata e datata Benedetto Montagna 1528, recentemente rinvenuta nei depositi del museo (cat. 49 A 1116) e proveniente dal refettorio della basilica di Monte Berico, che pur nello stato lacunosissimo del colore denota un’evidente derivazione dallo schema compositivo della pala per la cappella Pagliarini in San Bartolomeo.

Bibliografia

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Esposizioni

Venezia, 1945, pp. 56-57, cat. 59; Riva del Garda, 2000-2001, pp. 38-43.

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