La Vergine assunta in una gloria di angeli; in alto il padre Eterno; in basso i santi Tommaso e Girolamo

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AutoreGiovanni Speranza de’ Vajenti
Periodo(Vicenza, documentato dal 1473 al 1528 - morto ante 1532)
Datazione1500
SupportoTela (trasporto da tavola), 285x156
InventarioA 10
Autore della schedaMaria Elisa Avagnina

La grandiosa pala, originariamente collocata nella prima cappella di sinistra della chiesa di San Bartolomeo, è la prima opera certa (la firma dell’artista è apposta sul cartiglio in basso al centro) di Giovanni Speranza de’Vajenti e risale probabilmente al 1500.

Al centro, sotto la figura del Padre Eterno, vi appare la Vergine assunta al cielo, circondata da un volo festante di angeli musicanti e cherubini, che suonano i loro numerosi strumenti. La loro vivacità è sottolineata dalla luce intensa e solare che avvolge l’intera scena rendendo chiari, vividi, quasi metallici i colori. In basso compaiono, assorti in contemplazione dell’evento sacro, san Girolamo e un altro santo attualmente identificato, dopo controversi riconoscimenti, con san Tommaso, grazie al particolare della cintura che stringe tra le mani (secondo quanto riportato nei vangeli apocrifi e nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine, la Vergine, salendo al cielo, avrebbe lasciato a Tommaso la sua cintura quale segno tangibile della sua assunzione corporale, affinché egli potesse credere). Alle loro spalle si apre un’arida e assolata veduta urbana, con un vasto repertorio di edifici, templi, fortificazioni, cupole, campanili, che potrebbe forse alludere alla città di Gerusalemme.

È un’opera in cui l’artista, circa trentenne, recupera la lezione del maestro Bartolomeo Montagna, aggiornandola però grazie alle numerose suggestioni che riprende da altre contemporanee esperienze venete ed emiliane.

Il dipinto, il cui stato di conservazione risulta essere ad oggi fortemente compromesso, è accompagnato da una predella altrettanto lacunosa con ampie parti di legno a vista, in cui compaiono gli apostoli genuflessi in pose scorciate.

Iscrizioni

su un piccolo cartiglio in basso, al centro “Joannes S…/ pinxit”

Provenienza

Vicenza, chiesa di San Bartolomeo; Vicenza, Sacro Monte di Pietà, 1819; Vicenza, deposito presso il palazzo Municipale, 1820; Vicenza, palazzo Municipale, sala del Consiglio, 1831; Vicenza, acquisto del Comune dalla Congregazione di Carità, 1833 (MCVi, Museo, Acquisti, b. 1, fasc. “Acquisto dipinti Ospedale civile” contenente la corrispondenza intercorsa tra la Congregazione municipale e l’Ospedale civile di Vicenza per l’acquisto di dipinti di proprietà dell’Ospedale, perfezionato con delibera consigliare del 1833, giu. 28, inserto “prospetto dimostrante il prezzo attribuito ai dipinti posseduti dall’Ospedale civile di Vicenza, de’ quali si progetta la vendita a quella Congregazione municipale, eretto dalla Commissione istituita dalla presidenza della imperial regia Accademia delle belle arti coll’ordinanza 8 agosto 1832”, Venezia, 1832, ago. 26: al n.“8. Giovanni Speranza. Pala esprimente la beata Vergine in gloria con sottoposto fregio rappresentante vari apostoli. Zecchini veneti 40. Lo Speranza è un autore un po’ troppo duro principalmente osservandolo in quest’opera, ove si riscontra poco armonia e nessuna prospettiva aerea, benché abbia tentato di non mancare alla lineare. Il tutto è trattato con poco genio, supplindo a questo colla fatica e colla diligenza. Ha nell’abito della Madonna qualche buon indizio di pieghe, avvegnaché non si possa di molto lodarlo; come pure non è ispregievole la figura del san Girolamo. Il suo prezzo però non oltrepassa i zecchini 40”)

Restauri

1909, Franco Steffanoni; 1953-1954, Giovanni Giuseppe Pedrocco; 1957, idem; 1974-1976, idem; 1994, Corest; 2011, A. Cottone

Inventari

1820: 10. Quadro contenente la beata Vergine in aria con angeli e cherubini, di sopra il Padre eterno, di sotto un sant’Apostolo e san Girolamo, opera rara di Giovanni Speranza. Proprietà dello Spedale grande degli infermi e de’ poveri amministrato dalla Congregazione di Carità; 1831: 105. Sala detta del Consiglio. Speranza Giovanni. La beata Vergine in aria con angeli e fregio. Ospitale civile, n. 2459 del 1820, 10; [post1834]: 131. Giovanni Speranza. La Vergine in cielo fra gli angeli e cherubini, in alto il Padre eterno, a basso san Girolamo ed altro santo, 76; 1854: 76. 3.45. 2.10. Giovanni Speranza. Beata Vergine tra gli angeli con due santi; [1873]: Antichi vicentini, quarta stanza a tramontana, parete quarta, 21 (20). Giovanni Speranza con nome, operava 1460. L’assunta con due santi e nella base della cornice gli apostoli in piccolo; 1873a: c. 7, 21. Giovanni Speranza (1460). Maria vergine assunta in cielo e due santi; nella base della cornice gli apostoli; 1902: c. 63, 290 (280). 280. Maria vergine assunta tra una schiera di angeli e cherubini, in alto il Padre eterno con angeli, in basso san Giovanni e san Gerolamo, nella predella gli undici apostoli e figurette intiere [corretto su e due santi, nella predella gli apostoli]. Tavola [depennato ad olio]. Alto 3.15, largo 1.55. Giovanni Speranza. Rovinato e tarlato. Guasta nella base. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Nella pala in basso avvi un cartellino colla firma deperita: Joanes S[...] pinxit. Nella pala della chiesa di San Giorgio a Velo è scritto: Ioannes Sperantia de Vaientibus me pinxit; 1907: c. 32, 282 (280). Giovanni Speranza [corretto su Marcello Fogollino], pittore vicentino del 1460. Maria vergine assunta tra una schiera di angeli e cherubini, in alto il Padre eterno con angeli, in basso san Giovanni e san Girolamo, nella predella gli undici apostoli e figurette intiere. Tavola, 3.15x1.55. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Nella pala in basso avvi un cartellino con la firma deperita: Ioanes S[...]. Nella pala della chiesa di San Giorgio a Velo è scritto: Ioannes Sperantia de Vaientibus me pinxit. Cornice con stemmi e vari fregi a colori; 1908: 280 (10). Giovanni Speranza (firmato). Maria vergine assunta tra una schiera di angeli e cherubini, in alto il Padre eterno con angeli, in basso san Giovanni e san Girolamo; nella predella gli undici apostoli (tavola, 3.15x1.55). Nel 1908 si trova nella stanza dei vicentini. Nel 1873 si trovava nella stanza degli antichi vicentini al n. 21. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 si trova in sala al n. 9. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 76 e le dimensioni 3.45x2.10. Fu depositato nel 1820 nella Pinacoteca unitamente alla predella coi nn. X e XI dalla Congregazione di Carità. Fu acquistato dal Comune il 13 settembre 1833 per 40 zecchini; 1910-1912: 10. Numerazione vecchia: 280 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 290 catalogo 1902; 21 catalogo 1873; 9 Magrini catalogo a stampa 1855; 76 inventario di consegna 1854; 10 catalogo 1912; 10 catalogo 1940; 10 inventario 1950. Provenienza: dalla distrutta chiesa di San Bartolomeo. Collocazione: II sala dei vicentini. Forma e incorniciatura: tavola centinata con cornice dipinta dallo stesso autore. Dimensioni: 3.15x1.55. Materia e colore: tavola a tempera. Conservazione e restauri: la tavola è stata malamente slavata e spelata; la cornice la cui pittura era ridotta anche in peggiore stato fu restaurata dallo Steffanoni nel 1909; restaurata nel 1954 dal prof. G. Pedrocco, che la ha chiusa (aveva le assi slegate), raddrizzata, impalchettata e ne ha fissato il colore che in parecchi punti minacciava di staccare; [segue su foglio incollato: 1957, restauro prof. Pedrocco, demolita l’armatura, scollato le assi di cui è composta la tavola, raddrizzate ancora e assottigliate, incollate per la seconda volta e ricostruito l’armamento coi traversi scorrevoli, asporazione dei veli di protezione e della colla superflua, ricondotto il restauro pittorico necessario; 1975-76 trasportato su tela prof. Pedrocco, vedi Capolavori restaurati]. Descrizione: Maria vergine assunta in una gloria d’angeli e cherubini e in basso i santi Giovanni e Girolamo; nello sfondo con un raggruppamento di palazzi circondati da monti pare si sia voluto raffigurare Vicenza, nella predella gli apostoli genuflessi, in mezzo alla tavola, in basso, è un cartellino deperito e sfregiato con la firma Ioannes S. pinxit. Autore: Giovanni Speranza; catalogo 1912 Giovanni Speranza; catalogo 1940 Giovanni Speranza; inventario 1950 Giovanni Speranza. Iconografia: foto Soprintendenza alle Gallerie 64/3802, 64/3803 (particolare dei santi), 64/3804 (particolare della predella), 64/3805 (particolare della predella); 64/3806 (particolare della predella).

Descrizione tecnica

La pala decorava la prima cappella del lato sinistro della chiesa di San Bartolomeo a Vicenza, eretta da Fioramonte Priorato per sé e per i suoi discendenti l’anno 1500, in onore dell’Assunta, come attestava una duplice iscrizione (Barbarano, 1761; Faccioli, 1776) e deve ragionevolmente risalire a un momento prossimo a quella data, appena successivo per Barbieri (1962, p. 249 e 1981, p. 21) o di poco precedente, secondo Puppi (1963, pp. 386-387). La datazione 1505 proposta da Arslan (1956, p. 12), dipendente da un’errata interpretazione delle ultime lettere dell’epigrafe V.F. come indicazione temporale anziché come forma abbreviata di vivus fecit, non trova ragione di sussistere. Ceduta in deposito dalla Congregazione di Carità, proprietaria della chiesa, al Comune di Vicenza nel 1820, fu da questo acquistata nel 1833 per la modesta somma di 40 zecchini, corrispondente alla scarsa valutazione dell’opera che emerge dalla relazione del documento d’acquisto. Segnalata nel 1822 e nel 1830 (Berti) nel palazzo comunale, adiacente all’epoca alla Basilica palladiana, fu trasferita nel 1832 (Rumor, 1910) nel salone della Confraternita dei Rossi, al piano superiore dell’oratorio di San Cristoforo, per entrare definitivamente in palazzo Chiericati nel 1855, al momento dell’inaugurazione del Museo.

Racchiuso da una cornice centinata decorata all’apice e agli attacchi da fioroni (Guggenheim, 1897), anziché da incorniciature architettoniche a chiusura rettilinea come le pale delle cappelle attigue, il dipinto raffigura la Vergine assunta al cielo, circondata da angeli musicanti e cherubini e assistita da san Girolamo in preghiera e da un non meglio specificato “Santo Apostolo” (Boschini, 1676). La corretta identificazione di quest’ultimo con san Tommaso, già avanzata a suo tempo da Crowe-Cavalcaselle (1912) e fatta propria in un primo momento da Barbieri4 (1953), è stata ignorata dalla critica successiva che ha riconosciuto nella figura genuflessa di sinistra san Giovanni Evangelista (Puppi, 1963, p. 386 addirittura san Giovanni Battista e così pure, contraddittoriamente, Barbieri, 1981, p. 21) fino alla rettifica operata da Bucci (1993) sulla base dell’attributo della cintola che l’apostolo trattiene tra le mani. L’episodio cui il dipinto si ispira, tratto dai vangeli apocrifi e volgarizzato dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine, fa riferimento alla narrazione della morte e assunzione della Vergine, la quale al momento di salire al cielo avrebbe lasciato all’incredulo Tommaso la sua cintura quale prova tangibile della sua assunzione corporale. Conseguentemente, la veduta urbana dello sfondo, ritenuta dalla scheda Vignola (1910-1912) un possibile scorcio di Vicenza circondata dai monti, potrebbe invece rappresentare un’immagine convenzionale di Gerusalemme, città indicata in alcune redazioni degli apocrifi come luogo del sacro evento.

Perduto l’antipetto dell’altare nell’Oratorio dei Turchini a Vicenza, eseguito nel 1498 (Bortolan, 1889), la tavola dipinta per i Priorato, firmata su un cartiglio in basso al centro, costituisce la prima opera certa del Vajenti, all’epoca circa trentenne. Sul punto di stile del dipinto e sugli esiti dell’alunnato dell’artista presso il Montagna, attestato da un documento del 9 dicembre 1488 (Zorzi, 1916, p. 114), la critica registra posizioni diverse. Puppi (1963, p. 385) coglie nella pala “i segni più vivaci e freschi di fatti montagneschi maturati sugli inizi dell’ultimo decennio del ‘400”, seppure resi in forme più spigolose e minuziose rispetto a quelle del maesto, mentre Barbieri (1962, p. 250) vi ravvisa una “pressoché assoluta indifferenza... per le forme montagnesche” avvertendo per contro “elementi desunti con relativa disinvoltura da una larga cultura tardo-quattrocentesca veneta di terraferma, ove possono confluire senza contraddirsi influenze veneziane, padovane e veronesi” con interferenze emiliane e particolarmente ferraresi, secondo una chiave di lettura sostanzialmente confermata nei contributi successivi (Barbieri, 1981, p. 37). Nel vasto panorama di suggestioni invocate lo studioso riconosce in particolare quella, seppure mediata, di Vittore Carpaccio, riscontrabile nel gusto narrativo minuto e nei tratti del paesaggio dello sfondo e suggerisce inoltre quella dei pittori romagnoli Francesco e Bernardino Zaganelli, per i quali anche la critica più recente (De Marchi, in Da Bilduino…, 1990, pp. 106-107; Zama, 1994, p. 124; Colombi Ferretti, 1988, p. 867) è disposta ad ammettere scambi con l’ambiente pittorico veneto, particolarmente vicentino. L’influsso, ravvisabile in certa dolcezza imbambolata dei volti e in alcune affinità lessicali, si può cogliere per Barbieri nella stessa Madonna con il Bambino in una gloria di angeli di Francesco Zaganelli presente in pinacoteca (cat. 101 A 195) e non a caso attribuita nei vecchi inventari museali proprio a Giovanni Speranza. Su suggestioni carpaccesche insistono pure Fasolo (1940), che rileva analogie tra la figura della Vergine tra gli angeli e quella della sant’Orsola in gloria del pittore veneziano, già nell’omonima scuola e oggi alle Gallerie dell’Accademia e Puppi (1963, pp. 388-392), che indica nel pittore Girolamo di Stefano d’Alemagna, altrimenti noto come Girolamo da Vicenza, attivo a Venezia nel 1488 e successivamente a Sant’Angelo in Vado nelle Marche intorno al 1498 e in documentati rapporti personali con il Vajenti, il tramite per la conoscenza da parte di quest’ultimo dei modi di Carpaccio e della pittura ferrarese, accostata possibilmente da Girolamo negli spostamenti verso il centro Italia. Contatti anche sul piano artistico (ma non collaborazioni per Sgarbi, 1983, p. 68) tra i due pittori sembrerebbero provati dall’affinità, nei larghi impianti facciali dalle pose scorciate, delle figure di Apostoli nella predella della pala con quelle che popolano la singolare Morte della Vergine, oggi alla National Gallery di Londra, firmata e datata da Girolamo nel 1488.

Su richiami ad un clima mantegnesco insistono invece Frizzoni (1913), Venturi (1915) e in un primo tempo Arslan (1934, p. 7), che definisce Speranza “il più padovano degli allievi del Montagna, quindi il più mantegnesco”, mentre più tardi (1956, p. 65, cat. 357) giudica l’Assunta “contesta di cifre bonsignoriane”, secondo un’interpretazione negata da Puppi² (1958). Inoltre, contatti con la pittura dei Verla nella tavolozza schiarita e lieve vengono sottolineati, senza preoccupazioni per la cronologia, da Venturi (1915) e condivisi da Barbieri (1962, p. 250). Al già citato ambito emiliano-romagnolo, infine, sembra richiamare nel gusto per l’ornamentazione preziosa anche la decorazione dei montanti della cornice, a grottesche su fondo oro.

In sostanza, pur nella complessità delle suggestioni invocate, la grande pala per la chiesa di San Bartolomeo, caposaldo dell’attività giovanile di Giovanni Speranza, denuncia incontestabili derivazioni dal Montagna, tanto a livello compositivo che di singole citazioni, ma volgendo in senso più esteriore e decorativo “l’asciuttezza aristocratica” (Barbieri, 1981, p. 38) del maestro e disperdendone la potente visione sintetica in un discorso minuziosamente analitico e aneddotico, ne traduce i modi in forme rigide e scolpite, cui conferisce ulteriore durezza la tavolozza schiarita e metallica.

Nonostante il restauro piuttosto recente (1994), ultimo di una lunga serie di interventi, il dipinto versa in condizioni di conservazione irreparabilmente compromesse per il depauperamento della pellicola pittorica conseguente all’operazione di trasporto da tavola su tela, effettuata nel 1975-76. Dell’intervento, preceduto da ripetuti tentativi di risanamento ligneo (1954; 1957), ma reso infine inevitabile dal degrado inarrestabile del supporto, esiste presso l’archivio del Museo ampia documentazione fotografica. Tra le riproduzioni, di notevole interesse quella raffigurante il disegno in controparte della città sullo sfondo, portato a vista durante l’operazione di trasporto (Ballarin An., 1977). Nei depositi della pinacoteca si conserva inoltre una delle cinque tavole che formavano il supporto originario del dipinto, precisamente la quarta da sinistra, su cui risulta tracciato direttamente su legno, il disegno preparatorio per la figura di san Girolamo (cfr. scheda xy pp.000-000). Ampiamente lacunosa con larghi tratti di legno a vista, ma meglio giudicabile dal punto di vista della materia pittorica, risulta la predella, mentre i montanti della cornice denotano uno stato migliore di conservazione.

Bibliografia

Boschini, 1676, pp. 86-87; Boschini, 1676 (ed. 2000), pp. 178, 230 n. 283; Barbarano, 1761, V, p. 435; Faccioli, 1776, I, pp. 92-93, nn. 28, 29; Bertotti-Scamozzi, 1761, p. 108; Buffetti, 1779, I, p. 7; Bertotti-Scamozzi, 1780, p. 91; Bertotti-Scamozzi, 1804, p. 90; Berti, 1822, pp. 26-27; Berti 1830, pp. 25-26; Magrini, 1855, p. 53, cat. 9; Cabianca-Lampertico, 1861, p. 143; Formenton, 1867, p. 442; Ciscato, 1870, p. 85; Elenco dei principali…,1881, p. 7; Caffi, 1888, p. 66; Bortolan, 1889, p. 168, n. 1; Burckhardt, 1892, p. 621; Guggenheim, 1897, tav. 31; Burckhardt, 1901, II, parte III, p. 723; Layard, 1907, I, p. 291; Borenius, 1909, pp. 164, n.1, 183, 209; Rumor, 1910, p. 4; Ongaro, 1912, p. 23; Borenius, 1912, pp. 164, n. 2, 209; Crowe-Cavalcaselle, 1912, II, p. 122; Phillips, 1912, pp. 223-224; Frizzoni, 1913, p. 187; Venturi, 1915, pp. 658-659; Bortolan-Rumor, 1919, pp. 93, 150; De Mori, 1928, p. 75; Corna, 1930, II, p. 847; Berenson, 1932, p. 546; Arslan, 1934, pp. 7, 14; Berenson, 1936, p. 470; Gronau, 1937, p. 360; Fasolo, 1940, p. 74; Magagnato¹, 1949, p. 102; Barbieri, 1952, p. 9; Barbieri4, 1953, pp. 47-49; Magagnato, 1953, p. 175; Barbieri¹, 1954, p. 174; Arslan, 1956, pp. 5 n. 29, 12, 65 nn. 357-358, 151 n. 1025; Barbieri-Magagnato, 1956, p. 175; Berenson, 1957, I, p. 167; Berenson, 1958, I, p. 172; Puppi², 1958, pp. 170-172; Barbieri, 1962, I, pp. 249-252, 262; Puppi, 1963, pp. 385-389, 395; Puppi¹, 1967, p. 206; Puppi², 1973, p. 254; Ballarin An., 1977, pp. 20-21; Humfrey, 1977, p. 180 n. 7; Barbieri, 1981, pp. 21, 36-39, 57-60, 70-71; Ballarin An., 1982, p. 93; Sgarbi, 1983, p. 68; Rama, 1988, pp. 845-846; Bucci, 1993, pp. 33, 52 n.5; Barbieri, 1995, p. 64; Banzato, 1996, I, p. 305; Rama, 1999, p. 1323.

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