Presentazione di Gesù al Tempio

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AutoreBartolomeo Montagna
Periodo(Vicenza? 1449 circa - Vicenza 11 ottobre 1523)
Datazione1510
SupportoTela, 210 x180
InventarioA 4
Autore della schedaMaria Elisa Avagnina

Opera tarda di Bartolomeo Montagna, risalente presumibilmente al primo o al secondo decenniodel secolo XVI, la tela è il frutto del lavoro di un artista giunto ormai al termine della sua straordinaria carriera.

Firmata dal maestro nel cartiglio in basso al centro, la pala si trovava in origine sopra l’altare della seconda cappella di destra della chiesa vicentina di San Bartolomeo. Si tratta, come afferma Puppi, di una composizione “alquanto stravagante”, per la posizione delle figure tutte inginocchiate, quasi compresse all’interno di un’incombente struttura architettonica ad abside, impreziosita da un lussuoso pavimento marmoreo a motivi geometrici. I protagonisti sono posizionati dinnanzi ad una singolare arca riccamente decorata, più simile ad un’urna sepolcrale che all’arca santa dell’iconografia tradizionale. Solo nelle espressioni dei volti assorti e pensosi dei personaggi raffigurati e nella realistica fisionomia della figura maschile in vesti moderne sulla destra - probabilmente il committente dell’opera - si manifesta ancora la grande perizia del maestro.

Per la realizzazione della pesante ed insistita intelaiatura architettonica, finemente arricchita con motivi d’oro, si è ipotizzato invece l’intervento del figlio di Bartolomeo, Benedetto Montagna. Degno di nota è il particolare del singolare gradino posto in primo piano, a cui l’artista “sembra delegare, con un gelido esercizio accademico, l’omaggio alla grande innovazione volumetrica dei maestri più giovani” (Villa).

Iscrizioni

in un piccolo cartiglio in basso al centro OPUS BARTOLAME (le successive lettere US sono abrase) MONTAGNA

Provenienza

Vicenza, chiesa di San Bartolomeo; Vicenza, Sacro Monte di Pietà, 1819; Vicenza, deposito presso il palazzo Municipale, 1820; Vicenza, palazzo Municipale, sala del Consiglio, 1831; Vicenza, acquisto del Comune dalla Congregazione di Carità, 1833 (MCVi, Museo, Acquisti, b. 1, fasc. “Acquisto dipinti Ospedale civile” contenente la corrispondenza intercorsa tra la Congregazione municipale e l’Ospedale civile di Vicenza per l’acquisto di dipinti di proprietà dell’Ospedale, perfezionato con delibera consigliare del 1833, giu. 28, inserto “prospetto dimostrante il prezzo attribuito ai dipinti posseduti dall’Ospedale civile di Vicenza, de’ quali si progetta la vendita a quella Congregazione municipale, eretto dalla Commissione istituita dalla presidenza della imperial regia Accademia delle belle arti coll’ordinanza 8 agosto 1832”, Venezia, 1832, ago. 26: al n.“4. Bartolomeo Montagna. Beata Vergine che presenta Gesù Bambino al sacerdote. Questi è di molto inferiore a quello sopra descritto, come pur di uno stile alquanto diverso, mentre in questo non si scorge né quel gusto, né quel bello stile, né quella ragionevolezza nelle pieghe. È alquanto aspro nelle tinte e spezialmente nei fondi architettonici, ne’ quali dominano arditi e disarmonici colori, che non conservando l’armonia per l’aspro urto delle tinte si oppongono pur anco alla prospettiva aerea. La maniera del presente quadro è la più conosciuta di questo autore, nella quale eseguì opere degne veramente di lode. In questa opera, a fronte degli accennati difetti, vi sono pur molti pregi, per cui il prezzo fu stabilito in zecchini n. 120”)

Restauri

1909, Franco Steffanoni; 2008, Alessandra Cottone

Inventari

1820: 3. La pala con la beata Vergine che presenta Gesù Bambino al sacerdote Simeone con san Giuseppe e con ritratto di un devoto, fregiata di bellissimi ornamenti di architettura, opera di Bartolomeo Montagna. Proprietà dello Spedale grande degli infermi e de’ poveri amministrato dalla Congregazione di Carità; 1831: 79. Sala detta del Consiglio. Montagna. La beata Vergine presenta il Bambino a san Simeone. Ospitale civile, n. 2495 del 1820, 3; [post1834]: 161. Montagna. Presentazione al tempio di Gesù Bambino, con cimiero rappresentante santa Catterina e due comparti latterali di Buonconsiglio, 60; 1854: 60. 2.75. 2.30. Bartolomeo Montagna. Madonna col Bambino e tre santi; [1873]: Antichi vicentini, quarta stanza a tramontana, parete quarta, 8 (19). Bartolomeo Montagna, con nome. La presentazione al tempio di Gesù; 1873a: c. 7, 8. Bartolomeo Montagna. La presentazione di Gesù al tempio; 1902: c. 60, 271 (263). 264 [corretto su 8]. La circoncisione [corretto su presentazione] di Gesù al tempio. Tela [depennato ad olio]. Alto 2.10, largo 1.80. Bartolomeo Montagna. Un po’ guasto. Deperita. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Con cartellino avente la firma dell’autore; un tempo la vecchia cornice architettonica (ancora esistente) era sormontata da un cimiero con una santa Catterina del Montagna ed i laterali del Buoncosiglio. In un angolo della cornice vi è lo stemma del conte Egidio Velo; 1907: c. 30, 265 (263). Bartolomeo Montagna. La presentazione [corretto su circoncisione] di Gesù al tempio. Tela, 2.10x1.80. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Con cartellino avente la firma dell’autore. Un tempo la vecchia cornice (ancora esistente) era sormontata da un cimiero con una santa Catterina del Montagna stesso e con dei scomparti laterali del Buonconsiglio. In un angolo della cornice vi è lo stemma del conte Egidio Velo; 1908: 263 (4). Bartolomeo Montagna (firmato). La presentazione di Gesù al tempio (tela, 2.10x1.80). Nel 1908 era nella stanza dei vicentini. Nel 1873 si trovava nella stanza degli antichi vicentini al n. 8. Fu depositato dalla Congregazione di Carità nella Pinacoteca l’anno 1820 col n. III e le indicazioni: Bartolomeo Montagna, pala con la beata Vergine che presenta Gesù Bambino al sacerdote Simeone con san Giuseppe e ritratto di un devoto, fregiata da bellissimi ornamenti di architettura. Fu acquistato dal Comune il 13 settembre 1833 per 120 zecchini; 1910-1912: 4. Numerazione vecchia: 263 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 271 catalogo 1902; 8 catalogo 1873; 4 catalogo 1912; 4 catalogo 1940; 4 inventario 1950. Provenienza: acquistato dalla Congregazione di Carità; proviene dalla distrutta chiesa di San Bartotolomeo. Collocazione: sala I dei vicentini detta del Montagna. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice ad ancona dorata e dipinta. Dimensioni: 2.10x1.80. Materia e colore: tela a tempera. Conservazione e restauri: restaurato da Franco Steffanoni nel 1909. Descrizione: La beata Vergine e san Giuseppe che presentano il Bambino al vecchio Simeone davanti all’arca; da una parte un divoto; con la firma dell’autore, in un angolo della cornice lo stemma dei conti Velo. Autore: Bartolomeo Montagna; catalogo 1912 Bartolomeo Montagna; catalogo 1940 Bartolomeo Montagna; inventario 1950 Bartolomeo Montagna. Iconografia: foto Alinari 13514.

Descrizione tecnica

Ultima opera eseguita dal Montagna per la chiesa di San Bartolomeo, la pala si trovava originariamente all’interno della seconda cappella del lato destro, sopra l’altare dedicato nel 1493 alla Beata Vergine da Giampietro Aurifici (Barbarano, 1761), membro di una famiglia appartenente al patriziato minore vicentino, ma mossa da grandi aspirazioni (Bucci, 1993, pp. 40-42). Ceduto in deposito dalla Congregazione di Carità, proprietaria della chiesa, al Comune di Vicenza nel 1820, il dipinto fu da questo acquistato nel 1833 per la somma di 120 zecchini. Segnalato nel 1822 e nel 1830 (Berti) nel palazzo comunale, adiacente all’epoca alla Basilica palladiana, fu trasferito nel 1832 nel salone della Confraternita dei Rossi, al piano superiore dell’oratorio di San Cristoforo, per entrare definitivamente in palazzo Chiericati nel 1855, al momento dell’inaugurazione del Museo.

Secondo gli inventari museali del 1902 e 1907 la vecchia cornice architettonica era un tempo sormontata da un coronamento rappresentato da una santa Caterina del Montagna (sic) e affiancata da scomparti laterali del Bonconsiglio, mentre Crowe-Cavalcaselle (1912) segnalavano al di sopra del dipinto un san Girolamo entro una lunetta, ma il silenzio al riguardo di Boschini, sempre molto preciso, lascia supporre essersi trattato di un assemblaggio posteriore, forse avvenuto a seguito del trasferimento in Museo. La cornice attualmente in opera risulta in sostanza originale e pertinente alla pala per misure e congruenza stilistica, nonostante i dubbi di Bucci (1993, p. 54 n.19). Lo stemma Velo, segnalato dagli inventari museali e visibile in vecchie riproduzioni fotografiche in basso a sinistra dell’incorniciatura (Barbieri, 1981, ill. 39), potrebbe provenire dalla vicina cappella a destra, patronato in origine dei Pagello, ma successivamente degli Arnaldi associati con i Velo (Barbarano, 1761, p. 435) ed essere stato qui applicato per errore, come supposto pure da Humfrey (1977, p. 180 n.7). Pertanto, nella figura maschile in abiti moderni e all’incirca quarantenne raffigurata all’estremità destra del quadro, già ritenuta in passato un esponente della famiglia Velo sulla base dello stemma, è stato attendibilmente indicato da Bucci (1993, pp. 42-49) Girolamo Aurifici, il maggiore dei due figli di Giampietro, cui spetterebbe il compimento dell’impresa paterna in San Bartolomeo.

Contrariamente alla versione più ricorrente, il soggetto del dipinto è indicato da Venturi (1915) come Purificazione della Vergine, episodio peraltro strettamente correlato a quello della Presentazione al Tempio e titolo giustificato in questo caso dalla presenza esplicita di elementi iconografici come la tortora e le candele in vista sull’arca, allusivi alla purificazione delle puerpere secondo la legge ebraica.

La composizione, definita da Puppi¹ (1962, p. 138) “alquanto stravagante” per la posizione inginocchiata di tutte quattro le figure, comprime la raffigurazione dell’evento tra un’incombente architettura absidata e un articolato pavimento marmoreo, nell’apparente tentativo di lasciare in vista dietro al gruppo centrale di personaggi un’arca riccamente decorata, più simile nella forma ad un’urna sepolcrale che all’arca santa dell’iconografia tradizionale, tanto da far supporre (Bucci, 1993, pp. 49-51) che possa trattarsi di un’urna funeraria, forse il “monumentum lapideum” citato nel testamento di Giampietro Aurifici del 3 agosto 1492 come sede della propria sepoltura. La pesante intelaiatura architettonica dello sfondo richiama, a detta di Barbieri (1962, p. 169), le macchinose pale del Palmezzano e degli Zaganelli e prelude alle architetture frammentate del figlio di Bartolomeo, Benedetto, al quale potrebbe invero risalire direttamente, così come la profusione di ricercati inserti dorati, tipica della sua maniera, forse richiesta qui dalla rampante committenza, con esplicito riferimento all’etimologia del proprio nome.

La tela è stata sottoposta negli anni sessanta ad un intervento di restauro (Barioli, 1972), che ha comportato la rimozione di pesanti ridipinture, incentrate in particolare nella figura del donatore, che ne avevano completamente travisato l’abito, il copricapo e la posizione delle mani. Collegando la notizia dell’intervento con il passo di Boschini (1676), che nel citare l’opera la dice “così ben conservata come se fosse fatta di presente”, Bucci (1993, pp. 35-36) ha supposto che la pala sia stata fatta oggetto di una ridipintura antica nel corso del seicento, ma l’esame del materiale fotografico a disposizione porta a concludere che solo l’immagine del committente aveva subito una completa ripassatura, mentre le altre figure risultano sostanzialmente inalterate.

La cronologia del dipinto, firmato in un cartiglio in basso al centro ma non datato, risulta controversa. Considerata impresa giovanile da Foratti¹ (1908) e assegnata da Crowe-Cavalcaselle (1912) e da Borenius (1912) ai primi anni del cinquecento (1502-1505), la pala è stata generalmente ritenuta dalla critica opera tarda del maestro, ascrivibile alla seconda decade del secolo XVI. Venturi (1915), seguito da Arslan (1934) e da Fasolo (1940) la colloca dopo il documentato affresco di Bartolomeo nella Scuola del Santo di Padova, del 1512. Al 1515-1520 la posticipano Puppi¹ (1962, p. 138), che vi riconosce l’intervento del figlio Benedetto nel san Giuseppe e nel Bambino, e Banzato (1996, p. 309), mentre Humfrey (1977, p. 180 n. 7) la ritarda ulteriormente al 1523 circa. Barbieri (1962, p. 169) la considera in un primo momento eseguita intorno al 1510, prima del citato affresco padovano, salvo adeguarsi successivamente (1981 p. 21; 1995) alle posizioni di Puppi. Più recentemente Bucci (1993, pp. 37-38), sulla scorta della migliorata lettura del testo dopo il restauro, è tornato a proporre una datazione in apertura di secolo, prossima ad opere come il distrutto affresco con la Natività della cattedrale di Vicenza e la Sacra Famiglia del Museé des Beaux Arts di Strasburgo, concordemente ritenute del 1500-1503, o come la pala firmata e datata 1500 della parrocchiale di Orgiano, con le quali instaura confronti e rileva affinità. In realtà la tela, in cui risulta palese lo sforzo del pittore di adeguare il proprio linguaggio ai nuovi indirizzi figurativi cinquecenteschi, più che ad opere degli albori del nuovo secolo, sembra rimandare, nell’ allentarsi della sintassi compositiva in ritmi allargati e nell’intorbidarsi del colore, ad una fase più tarda, a ridosso dell’affresco del Santo, rispetto al quale denuncia però un livello di qualità inferiore. Una datazione entro il 1510, gia proposta da Barbieri (1962), risulta la più convincente anche alla luce degli elementi documentari disponibili, che attestano la presenza di Montagna a Vicenza fino al 12 marzo 1510, prima di un lungo periodo di silenzio, fino al 1517, durante il quale Bartolomeo potrebbe essersi trasferito altrove, forse a Padova, a motivo delle tumultuose vicende storiche di quegli anni (Puppi, 1962, p. 65 n.1). La cronologia proposta, collegandosi con la datazione anticipata dell’Adorazione dei Magi di Marcello Fogolino (cat. 51 A 34), sostenuta dalla critica più recente, e con la notizia della committenza a Francesco Verla, nel luglio 1509, della pala perduta e degli affreschi per l’ultima cappella del lato sinistro di San Bartolomeo, consentirebbe inoltre di prospettare una campagna conclusiva dei lavori di decorazione della chiesa intorno allo scadere della prima decade del secolo XVI, anziché protrarli, meno credibilmente, fino al quarto lustro del cinquecento.

Bibliografia

Vasari, 1568 (ed. 1878), p. 673; Ridolfi, 1648, I, p. 91; Ridolfi, 1648 (ed. 1914), I, p. 117; Boschini, 1676, pp. 90-91; Barbarano, 1761, V, p. 435; Bertotti-Scamozzi, 1761, p. 109; Buffetti, 1779, I, p. 5; Bertotti-Scamozzi, 1780, p. 93; Berti, 1822, p. 25; Berti, 1830, pp. 24-25, Zimello, 1847, p. 5; Magrini, 1863, p. 36; Formenton, 1867, p. 357; Ciscato, 1870, p. 85; Elenco dei principali…, 1881, p. 6; Berenson, 1894, p. 108; Berenson, 1895, p. 67 e n.1; Pettinà, 1905, p. 69; Foratti¹, 1908, pp. 41-42; Borenius, 1909, pp. 49-50; Berenson, 1911, p. 118; Borenius, 1912, pp. 49-50; Crowe-Cavalcaselle, 1912, II, p. 134; Ongaro, 1912, p. 17, 21; Phillips, 1912, p. 227; Venturi, 1915, p. 490; Bortolan-Rumor, 1919, p. 93, 150; De Suarez, 1927, p. 12; De Mori, 1928, p. 75; Corna, 1930, II, p. 663; Foratti¹, 1931, p. 75; Berenson, 1932, p. 369; Arslan, 1934, p. 7, 14; Berenson, 1936, p. 317; Fasolo, 1940, p. 64; Pallucchini¹, in I capolavori…, 1946, p. 90, cat. 147; Pallucchini², in I capolavori…, p. 83, cat. 147; Magagnato, 1953, pp. 174-175; Barbieri¹, 1954, p. 174; Barbieri², 1954, p. 198; Arslan, 1956, p. 5, cat. 29, p. 65, cat. 356; Barbieri-Magagnato, 1956, pp. 174-175; Gilbert, 1956, p. 302; Puppi, 1956-1957, pp. 226-227; Berenson, 1957, I, p. 117; Berenson, 1957, I, p. 117; Berenson, 1958, I, p. 121; Puppi¹, 1958, p. 58; Barbieri, 1962, I, pp. 168-170 e 277; Puppi¹, 1962, pp. 70-71, 138; Puppi², 1962, p. 15; Barioli, in Il Restauro a Vicenza..., 1972, p. 85, n. 129; Humfrey, 1977, p. 180, n.7; Barbieri, 1981, pp. 21, 64; Ballarin An., 1982, p. 84; Bucci, 1993, pp. 33-56; Barbieri, 1995, p. 58; Banzato, 1996, I, pp. 309, 313.

Esposizioni

Venezia, 1946, p. 90, cat. 147.

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