Madonna in trono con il Bambino tra i santi Giovanni Battista, Bartolomeo, Agostino e Sebastiano e tre angeli musici. Nella predella Cinque fatti dalla vita di san Bartolomeo
Autore | Bartolomeo Montagna |
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Periodo | (Vicenza? 1449 circa - Vicenza 11 ottobre 1523) |
Datazione | 1485 |
Supporto | Tela (trasporto da tavola), 460x240; tela (trasporto da tavola), 370x220 |
Inventario | A 1 |
Autore della scheda | Maria Elisa Avagnina |
L’imponente pala, un tempo collocata sulla parete di fondo dell’abside della chiesa vicentina di San Bartolomeo, rasa al suolo nel 1838, è il capolavoro di Bartolomeo Montagna, l’artista che, più di ogni altro, seppe dominare la grande stagione della pittura rinascimentale a Vicenza (1480-1520).
Quest’opera solenne e ieratica, risalente al 1485 circa, si propose in quegli anni come modello per tutta la successiva produzione pittorica vicentina, sintetizzando in sé echi dalla pittura di Giovanni Bellini, Antonello da Messina, Alvise Vivarini e Andrea Mantegna, nonché richiami alla produzione artistica centroitaliana, in particolare ferrarese.
La Vergine e i santi, qui rappresentati secondo l’impaginazione tipica della Sacra conversazione, sono collocati sotto un padiglione elegante e leggero, aperto sul paesaggio circostante. La luce cristallina del mattino rende lucenti e nitidi i colori. Lo scorcio paesaggistico sulla destra della pala raffigura una veduta della chiesa di San Bartolomeo e della torre facente parte delle antiche mura cittadine. La Madonna, seduta su un altissimo trono (che riporta alla base, sul cartiglio, la firma dell’artista), fissa con lo sguardo il piccolo garofano rosso che stringe tra le dita, segno della Passione del Figlio, mentre il Bambino, sollevando gli occhi dal libro che tiene tra le mani, si sofferma ad osservare lo spettatore. Ai loro piedi tre mantegneschi putti suonano una musica celestiale, che solo le quattro monumentali figure di santi hanno il privilegio di udire: si tratta di san Giovanni Battista, san Bartolomeo, sant’Agostino e san Sebastiano.
La predella propone cinque episodi della vita di San Bartolomeo tratti dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine. Per queste tavolette rese con una narrazione “minuta, popolaresca, un attimo pettegola” (Barbieri), lontana dalla sacralità della pala, si è ipotizzato l’intervento di alcuni collaboratori del maestro.
Iscrizioni
al centro ai piedi del trono BARTOHOLOMEUS. MOTANEA/ PINXI
Provenienza
Vicenza, chiesa di San Bartolomeo; Vicenza, oratorio dell’Ospedale civile, 1863; deposito 1867 (MCVi, Museo, Registri di protocollo, reg. 1, prot. n. 534, 1866, mar. 27 con cui la “Congregazione municipale interessa la Commissione a recarsi all’Ospitale per consigliare le operazioni a guarentigia del quadro del Montagna”. Segue prot. n. 539, 1866, apr. 23 con cui la “Congrerazione municipale comunica alla Commissione la protesta della Direzione dello Spedale contro il progetto di cedere al Museo il quadro del Montagna esistente nell’oratorio dello stesso”. Infine, con prot. n. 574 del 1867, feb. 21 si “interessa il cavalier prefetto a prestarsi presso la Direzione dello Spitale onde venga depositato nel Museo il dipinto del Montagna”, così che il 1867, mar. 21 “il Municipio partecipa che la Direzione dell’Ospitale cede il dipinto del Montagna ad abbellimento del civico Museo come deposito”)
Restauri
1878-1979, Antonio Zanchi; 1909, Franco Steffanoni; ?, Giuseppe Giovanni Pedrocco; 1990-1991 Corest; 2008 Renza Clochiatti
Inventari
[1873]: Antichi vicentini, quarta stanza a tramontana, parete I, 2. Bartolomeo Montagna. Grande pala. Madonna col Bambino, san Giovanni Battista, san Sebastiano, san Bortolo e sant’Agostino e fatti della vita di san Bartolomeo alla base della pala; 1873a: c. 7, 2. Bartolomeo Montagna. Maria vergine col Bambino, san Giovanni Battista, san Sebastiano, san Bortolo e sant’Agostino. Alla base della pala i fatti della vita di san Bartolomeo. La suddetta pala venne al 26 novembre affidata al signor Zanchi perchè ne trasportasse il dipinto dalla tavola sulla tela. Operazione che portò a compimento nel gennaio, anno 1879; 1902: c. 64, 292 (283). 282. Maria vergine col Bambino, san Giovanni Battista, Sebastiano, san Bartolomeo, sant’Agostino, alla base i fatti della vita di san Bartolomeo [l’intera frase è depennata e corretta, indi successivamente depennata in Maria vergine col Bambino in trono, i due santi Giovanni, san Sebastiano e san Fabiano]. Tavola ad olio. Alto 4.60, largo 2.40. Bartolomeo Montagna. Guasto specialmente alla base. Guasta. Dalla chiesa di San Bartolomeo. Detta pala venne al 26 novembre 1878 affidata al signor Antonio Zanchi di Bergamo per il trasporto del dipinto dalla tavola su tela; l’operazione venne compiuta nel gennaio 1879. Il quadro ha la firma Bartolomeus Montanea pinxit, al di sotto vi ha una predella in cinque scene della vita di un santo creduta dello stesso autore; 1907, c. 33, 285 (283). Bartolomeo Montagna. Maria vergine col Bambino in trono, i due santi Giovanni, san Sebastiano e san Fabiano. Tavola, 4.60x2.40 (dalla chiesa di San Bartolomeo). Detto dipinto [corretto su pala] venne trasporato dalla tavola nel 1879 [corretto su il 26 novembre 1878 affidata al signor] dal signor Antonio Zanchi di Bergamo. Il quadro ha la firma Bartolomeus Montanea pinxit, al di sotto vi ha una predella con cinque scene della vita di un santo, creduta dello stesso autore; 1908: 283 (1). Bartolomeo Montagna (firmato). Maria vergine in trono col Bambino, due san Giovanni, san Fabiano e san Sebastiano (trasportato dalla tavola in tela da Antonio Zanchi nel 1870). Predella con cinque comparti, scene della vita di san Bortolo (4.60x2.40). Nel 1908 si trova nella stanza dei vicentini. Nel 1873 si trovava nella stanza degli antichi vicentini al n. 2 colla definizione: Maria vergine col Bambino, san Giovanni Battista, san Sebastiano, san Bartolomeo e sant’Agostino; alla base della pala i fatti della vita di san Bartolomeo. Nel catalogo a stampa del Magrini dell’anno 1855 porta il n. 8. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 64 e le dimensioni: 3.00x2.00; 1910-1912: 1. Numerazione vecchia: 283 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 292 catalogo1902; 2 catalogo1873; 8 Magrini catalogo a stampa 1855; 1 catalogo 1912; 1 catalogo 1940; 1 inventario 1950. Provenienza: era sull’altare maggiore della distrutta chiesa di San Bartolomeo. Collocazione: I sala dei vicentini detta del Montagna. Forma e incorniciatura: grande pala centinata con cornice intagliata e dorata e predella in cinque comparti. Dimensioni: 4.60x2.40 senza la predella; cm 37x220 predella (inventario 1950). Materia e colore: tela (trasporto dalla tavola) a tempera. Conservazione e restauri: trasportato dalla tavola in tela da Antonio Zanchi nel 1870; la predella ha subito lo stesso trasporto per opera dello Steffanoni nel 1909. Descrizione: Maria vergine in trono col Bambino e i santi Giovanni, Bartolomeo, Fabiano e Sebastiano; a piedi del trono tre angeli musicanti; nella predella i fatti della vita di san Bartolomeo; la pala reca la firma Bartolomeus Montanea pinxit. Autore: Bartolomeo Montagna; catalogo 1912 Bartolmeo Montagna; catalogo 1940 Bartolomeo Montagna; inventario 1950 Bartolomeo Montagna; secondo il prof. Pallucchini (comunicazione orale 26 aprile 1957) nel dipinto si notano influenze anche veronesi, vedi predella, tinte molto tenui. Iconografia: foto Alinari 13517; 44494 (part.); 44495 (part. san Giovanni e Bartolomeo); 44496 (part. san Sebastiano e Fabiano).
Descrizione tecnica
La grandiosa pala, commissionata verosimilmente dalla ricca famiglia Trento, decorava in origine la cappella maggiore della chiesa di San Bartolomeo a Vicenza, collocata alta sulla parete di fondo dell’abside, come mostra l’acquarello di Bongiovanni conservato presso il Gabinetto dei disegni e stampe di palazzo Chiericati. Di qui, abbattuta la chiesa nel 1838, fu trasferita nel vicino oratorio dell’Ospedale civile, dove risulta documentata nel 1863 (Magrini, 1863), per pervenire infine al Museo nel 1867 come deposito della Congregazione di Carità. L’ancona verrà registrata nel patrimonio museale da Ciscato nel 1870.
Se attendibile la notizia riportata da Fasolo (1940) circa l’ingrandimento e la ricostruzione della cappella absidale della chiesa da parte dei Trento nel 1484, tale data costituisce per il dipinto un indiscutibile termine post quem, che esclude automaticamente cronologie troppo precoci, risalenti al 1480 (Burckhardt, 1901) o addirittura prima (Jewett-Mather, 1936), indirizzando per contro plausibilmente verso l’anno 1485, cuore del “decennio solare” di Montagna e data su cui concorda pressoché unanimemente la critica, a partire dagli anni sessanta, per condivisibili considerazioni di ordine stilistico. Le datazioni tarde, dopo il 1487 (Venturi, 1915, pp. 448-453; Zocca, 1932) o addirittura verso il 1490 (Lauts, 1933; Arslan, 1956, pp. 6, 36), avanzate sulla base del confronto con la paletta montagnesca n.153 della Carrara di Bergamo, recante sul verso l’indicazione dell’anno 1487, o della riconosciuta dipendenza dagli esemplari belliniani di San Zanipolo e di San Giobbe, ritenuti opere tarde del maestro veneziano, risultano o inattendibili per la sospetta seriorità dell’iscrizione citata o superate in relazione ai più recenti assestamenti della cronologia di Bellini. La datazione intorno al 1485, sostenuta con coerenza da Barbieri (1954¹, 1962, 1981, 1995), da Magagnato (1953; 1956) e da Puppi (1962¹, 1962²), riconosce inoltre al dipinto vicentino legittima priorità (Fossaluzza, 1990) rispetto alla Pala del Fioredi Girolamo da Treviso nel Duomo trevigiano, firmata e datata 1487 e palesemente affine alla nostra, invertendo il rapporto di dipendenza tra le due opere stabilito a suo tempo dalla Zocca (1932).
L’identità dei quattro santi raffigurati nella pala, già indicata dalle fonti (Ridolfi, Boschini, Buffetti) come quella riportata in testata, risulta controversa negli inventari museali, che a partire da quello del 1902 riportano la presenza di due figure di san Giovanni in luogo del solo san Giovanni Battista, omettendo san Bartolomeo, e identificano il santo vescovo in secondo piano sulla destra con san Fabiano, papa e martire, anziché con sant’Agostino, seguiti in ciò ancora da Andreina Ballarin (1982). Venturi (1915, p. 448) indica al riguardo san Nicola. Più convincente, per la connotazione degli attributi vescovili della mitra e del pastorale e per la pertinenza con il luogo, sembra comunque l’identificazione del santo in questione con Agostino, considerato il fatto che i Canonici Lateranensi, detentori della chiesa, osservavano la regola agostiniana. Un ulteriore richiamo al contesto reale risulta lo scorcio paesaggistico visibile sulla destra del dipinto, dietro la figura di san Sebastiano, in cui è stato già a suo tempo riconosciuto (Ongaro, 1912; De Mori, 1928; Fasolo, 1940 e da ultimo Bucci, 1991) una veduta del campanile e della chiesa di San Bartolomeo con l’adiacente torre dell’antica cerchia muraria urbana.
Il gruppo della Vergine e dei santi, composto nello schema tipico della Sacra conversazione, è collocato sotto un’elegante crociera spalancata sul cielo e sul paesaggio circostante, entro cui circola libera l’aria mattutina “fatta cristallo dalla luce” (Puppi¹, 1962, p. 47). I piedritti anteriori del padiglione coincidono con la cornice della pala (rifatta in epoca imprecisata dopo il 1940, ma in forme attendibilmente prossime a quelle originarie, seppure semplificate nel disegno dei capitelli), in un perfetto coordinamento di architettura vera e architettura dipinta. Alla limpida squadratura spaziale, ribadita dallo scorcio del pavimento, dai tiranti della volta e dalle figure colonnari dei santi, si associa lo “sbalzo plastico delle forme”, accentuato dalla nitidezza tagliente dei contorni e dalla cristallina freddezza della luce. Felicemente definita da Berenson (1905) “solenne, ieratica, misteriosa”, la pala ripropone in termini personalissimi e con la statura del capolavoro aggiornate suggestioni dell’ambiente veneziano, recepite da Montagna nel suo recente soggiorno lagunare del 1482: dallo schema compositivo desunto, sebbene in forma semplificata e più nitidamente strutturata, dalla perduta pala di Giovanni Bellini per San Zanipolo, del 1475 circa, alla riflessione sulla luce in funzione volumetrica tratta dalla lezione di Antonello, al ricordo delle forme aspre e taglienti di Alvise Vivarini. A ciò si aggiungono puntuali citazioni dal lessico architettonico coevo, come rivela il confronto tra la sintassi spaziale e i particolari decorativi del padiglione dipinto e le ariose crociere realizzate in quegli anni da Lorenzo da Bologna nel chiostro adiacente alla chiesa, nonché accostamenti al linguaggio scultoreo, percettibili nella scheggiatura dei piani e nel taglio affilato delle pieghe, “come in uno scultore lombardo di formazione amadeiana” (Lucco¹, 1987, p. 156), secondo un apporto originale e peculiare soprattutto di questo momento della produzione di Bartolomeo.
Le condizioni patitissime del colore (in particolare nelle figure dei santi in primo piano e specialmente nel san Sebastiano, fino alla perdita dell’immagine), certamente aggravate dal trasporto su tela subito dalla pala nel 1879 ad opera di Antonio Zanchi, lasciano comunque intendere l’alta qualità pittorica del dipinto in origine, virato su una tavolozza fredda e metallica.
Nella predella, cinque tavolette raffigurano altrettanti episodi della vita di san Bartolomeo, tratti dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine: san Bartolomeo comanda a un demone di uscire da un idolo; san Bartolomeo esorcizza la figlia di Polemio; san Bartolomeo battezza Polemio; san Bartolomeo viene flagellato per colpa del re Astrage; san Bartolomeo viene decapitato. I dipinti, caratterizzati da un piglio “di narrazione minuta, popolaresca, un attimo pettegola” (Barbieri, 1981, p. 30), denotano un evidente cambio di registro rispetto al tono aulico della pala, peraltro già insito nel carattere della predella, ma evidente al punto da far pensare ad Arslan (1952) all’intervento di un non meglio identificato “aiuto del Montagna” per questa parte del lavoro. L’ipotesi è ripresa da Barbieri (1981, pp. 30-31) e indirizzata, con le cautele del caso, verso il nome di Pietro da Vicenza, alias Pietro di Fadello secondo la ricostruzione di Puppi (19586, 19587, 19588, 1967¹), che, nato nel 1467, dovette compiere la sua educazione presso il Montagna proprio negli anni 1480-1490 e a cui potrebbe essere riferito (Barbieri, 1979, pp. 257-261) ciò che rimane del fregio delle pareti interne della basilica dei Santi Felice e Fortunato a Vicenza. Il piglio discorsivo e la struttura formale delle tavolette hanno inoltre giustificato l’opinione (Coletti², 1953) di una formazione del Montagna in ambito veronese-mantegnesco e hanno suggerito a Pallucchini (1946¹, 1946²) contatti con Bonsignori e Domenico Morone. A questi richiami il Borenius aggiungeva fin dal 1909 quello con le scene della predella del polittico di san Vincenzo Ferreri nella chiesa di San Zanipolo a Venezia, ripreso da Arslan (1952) e, convintamente, da Barbieri (1962, pp. 158-159 e 1981, p. 31) che ravvisa nelle tavolette vicentine citazioni quasi letterali, soprattutto per quel che riguarda le inquadrature architettoniche, da quelle veneziane, sebbene di un ventennio circa precedenti.
A favore di un’autografia montagnesca degli scomparti sembrano deporre le riproduzioni fotografiche precedenti l’intervento di foderatura degli anni cinquanta (archivio del Museo) che rivelano la presenza di una lavorazione a biacca a veloci tratti paralleli dei panneggi e delle capigliature, del tutto simile alla pratica grafica di Bartolomeo desumibile da fogli certi come la Santa martire della Biblioteca Marucelliana di Firenze (vol. A, cat. 7; Puppi¹, 1962, p. 145) e coerente con il disegno soggiacente riscontrabile nella pala sovrastante.
Bibliografia
Vasari, 1568, p. 673; Ridolfi, 1648, I, p. 91; Boschini, 1676, p. 88; Boschini, 1676 (ed. 2000), pp. 179, 230 n.290; Barbarano, 1761, V, p. 433; Bertotti-Scamozzi, 1761, p. 108; Faccioli, 1776, pp. 89-94; Buffetti, 1779, I, p. 6; Bertotti-Scamozzi, 1780, p. 91; Bertotti-Scamozzi, 1804, p. 90; Berti, 1822, pp. 63-64; Berti, 1830, p. 58 n. 2; Da Schio³, ms. secolo XIX, p. 1101; Alverà¹, ms. secolo XIX; Pieriboni, 1842, p. 27; Zimello, 1847, p. 5; Magrini, 1855, p. 53 n. 8; Magrini, 1863, p. 37; Formenton, 1867, p. 357; Ciscato, 1870, p. 86; Elenco dei principali…,1881, p. 6; Burckhardt, 1892, p. 621; Berenson, 1894, p. 108; Berenson, 1895, pp. 62-63; Burckhardt, 1901, II, parte III, p. 722; Berenson, 1905, pp. 48-49 n. 3, 62-63; Pettinà, 1905, p. 70; Venturi, 1907, pp. 255-256; Foratti¹, 1908, pp. 35-38; Borenius, 1909, pp. 16, 20, 25-27, 32-34, 35 e nn. 1, 36, 102-104, 107, 128, 169, 179; Baron, 1910, pp. 36-37 n. 17; Berenson, 1911, p. 118; Ongaro, 1912, pp. 16-17; Borenius, 1912, pp. 16, 20, 25-27, 32-34, 35 nn. 2, 36, 102-104, 107-108, 128, 169, 179; Crowe-Cavalcaselle, 1912, II, pp. 134-135 n. 4; Phillips, 1912, pp. 223, 227; Frizzoni, 1913, pp. 186-187; Rumor, 1913, pp. 281, 283-284; Venturi, 1915, pp. 447-454, 642; Berenson, 1916, p. 120; Bortolan-Rumor, 1919, pp. 93,150; Ongaro, 1923, pp. 5-6; De Suarez, 1927, p. 45; De Mori, 1928, p. 75; Corna, 1930, II, p. 662; Foratti¹, 1931, p. 75; Berenson¹, 1932, p. 369; Calì¹, 1932, p. 23; Zocca, 1932, pp. 392-393; Lauts, 1933, pp. 84,86; Peronato, 1933, p. 64; Arslan, 1934, pp. 6, 14, 34; Gamba, 1934, p. 712; Berenson, 1936, p. 316; Jewett-Mather, 1936, pp.148-150; Van Marle, 1936, p. 434; Fasolo, 1940, pp. 55-61; Gengaro, 1944, p. 374; Tietze-Conrat, 1944, p. 87 cat. A 310; Pallucchini¹, in I capolavori…, 1946, p. 89, cat. 144-145; Pallucchini², in I capolavori…, 1946, pp. 81-82 cat. 144-145; Podestà, 1946, p. 156; Arslan, 1952, p. 135; Barbieri, 1952, p. 8; Zocca, 1952, coll. 1330-1331; Coletti², 1953, p. LXXIII; Magagnato, 1953, p. 174; Barbieri¹, 1954, pp. 195-197; Barbieri², 1954, pp. 172-174; Arslan, 1956, pp. 6 cat. 29, 36 cat. 168, 128 cat. 849, 151 cat. 1027; Barbieri-Magagnato, 1956, p. 174; Puppi, 1956-1957, pp. 97-101; Berenson, 1957, I, p. 117; Berenson, 1958, I, p. 121; Bovero, 1958, pp. 736-737; De Logu, 1958, p. 64; Barbieri, 1962, I, pp. 153-164; Palluchini, 1962, p. 211; Puppi¹, 1962, pp. 44-47, 136-137; Puppi², 1962, p. 15; Barioli, in Restauro a Vicenza…, 1972, pp. 80-81; Barbieri, 1981, pp. 29-31, 62; Ballarin An., 1982, p. 83; Lucco, 1987, pp. 155-156, 157; Bucci, 1988-89, pp. 222-257; Fossaluzza, 1990, II, p. 547; Tanzi, 1990, II, pp. 611-613; Schmidt, 1990, p. 718; Bucci, 1991, p. 25 n. 61; Cionini Visani, 1992, p. 699; Barbieri, 1995, p. 63; Galassi², 1999, pp. 105-106.
Esposizioni
Venezia, 1946, p. 89 cat. 144-145.