Andromeda

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AutoreLouis Dorigny
Periodo(Parigi 1654 - Verona 1742)
Datazione1675
SupportoAffresco staccato, 234,5x120,3
InventarioA 870
Autore della schedaRoberto Pancheri

L’opera, giunta in Museo nel 1867 quale dono di Laura Maria Antonelli Clementi, faceva originariamente parte di un ciclo di affreschi che un tempo decorava le pareti di un palazzo degli inizi del secolo XVI, affacciato sull’attuale corso Palladio. L’edificio (ora sede della Banca Nazionale del Lavoro), in origine posseduto dalla famiglia Capra ramo Marchesi, entrò a far parte, dopo alcuni passaggi di proprietà, del patrimonio del marito di Laura Maria, Giambattista Clementi, che lo fece restaurare. L’affresco venne staccato probabilmente proprio in occasione dei lavori di ristrutturazione dello stabile voluti da Clementi.

Il personaggio femminile qui rappresentato è stato recentemente identificato (Pancheri) con Andromeda: nelle figure spiraliformi poste ai suoi piedi è possibile infatti riconoscere i tentacoli della creatura marina che la teneva prigioniera. Perseo riuscì a liberare la fanciulla sconfiggendo il terribile mostro e poi la prese in moglie. Le forme piene del nudo femminile, stagliate contro un elegante fondale architettonico e modellate dalla luce, contribuiscono a fare del dipinto un “bellissimo squarcio di un classicismo elegante e intellettuale, che sembra acquistare volume e movimento fino al viso di scorcio, in rapida torsione” (Villa).

Louis Dorigny, che a Vicenza realizzò anche i cicli ad affresco della Rotonda e di Villa della Torre, offre qui una prova delle sue notevoli doti di frescante, grazie alle quali venne annoverato tra gli artisti più richiesti dalla nobiltà veneta per la decorazione di ville e palazzi.

Cartellini

Etichetta 2002-2003 N.870/ Autore: Louis Dorigny attr./ Parigi 1654-Verona 1742/ Opera: Galatea/ Tecnica e dimensioni: affresco; su carta bianca a stampa con inchiostro nero INTERLINEA/ FINE ARTS PACKERS/ Titolo del’opera “Galatea”/ Civico-Vi/F 172

Provenienza

Vicenza, palazzo Capra Clementi Barbieri sul Corso; dono Laura Antonelli Clementi, Vicenza 1867 (MCVi, Museo, Registri di protocollo, reg. n. 1, prot. n. 596 del 1867, dic. 3 con cui “alla signora Laura Antonelli Clementi […] vengono rese le debite grazie per doni […] fatti al Museo e già registrati nell’apposito elenco”; Elenco dei doni fatti al civico Museo nel 1866-67, Vicenza 1868, “Laura Antonelli Clementi, un affresco rappresentante una figura mitologica”)

Restauri

1958, Giuseppe Giovanni Pedrocco; 1990, Paolo Bacchin

Inventari

1902: c. 133, M. Rettangolo [corretto su parallelogramma verticale]. Figura mitologica. [Maniera del depennato] Cavalier Liberi. Abbastanza buono. Dal palazzo Clementi sul Corso, dono del cavalier Clementi; 1910-1912: 870, aggiunta 1958. Provenienza: palazzo Clementi sul Corso, vedi inventario 1902, ora Banca Nazionale del Lavoro; dono cavalier Clementi; Laura Clementi Barbieri 1867. Forma e incorniciatura: rettangolare. Dimensioni: cm 235.5x120. Materia e colore: affresco staccato. Conservazione e restauri: 1958 prof. G. Pedrocco stacco, trasporto su tela, pulitura, intonacatura. Descrizione: Figura allegorica: la Fortuna [corretto su Figura mitologica]. Autore: inventario 1902 cavalier Pietro Liberi; Dorigny?

Descrizione tecnica

L’opera costituisce l’unica testimonianza pervenutaci di una decorazione ad affresco realizzata dal pittore a Vicenza in palazzo Capra, poi Chiericati, Clementi, Barbieri. Dalla documentazione agli atti presso il Museo, essa risulta essere pervenuta alle collezioni civiche nel 1867 quale donazione di Laura Antonelli Clementi. Nella guida della città pubblicata nel 1870 da Antonio Ciscato si legge che casa Clementi, “eretta dalla famiglia Capra, ramo dei Marchesi [...] fu restaurata di recente dal cav. Giambattista Clementi sopra disegno dell’architetto Dalla Vecchia” (Ciscato, 1870, p. 35). Lo strappo del dipinto avvenne con ogni probabilità in occasione di tale intervento di ammodernamento. Franca Cavalloni - nella sua tesi di laurea discussa con Giuseppe Fiocco e mai citata nella letteratura su Dorigny - indica invece una provenienza da palazzo Scroffa già Barbaran, senza peraltro specificare la fonte di tale informazione.

Nessuna notizia ci è pervenuta sulla natura del ciclo affrescato in palazzo Capra. Dalla guida di Ciscato si apprende tuttavia che “in una stanza terrena” erano ancora visibili nel 1870 “pregiabilissimi affreschi della maniera del Zelotti”. Anche le fonti relative a Dorigny, pur menzionando “diverse opere a fresco, & ad olio” da lui realizzate in varie dimore vicentine, tra cui quelle del marchese Capra (Dal Pozzo2, 1718 , p. 178), omettono di precisare soggetti e cronologia dei singoli interventi. Per tutte queste ragioni la critica ha fornito interpretazioni disparate e discordanti del tema prescelto dall’artista. Nel già citato Elenco dei doni l’opera è descritta come “un affresco rappresentante una figura mitologica”. Nel catalogo di Giulio Fasolo del 1940 essa compare come “divinità femminile”, mentre Franca Cavalloni sceglie la denominazione “La Renommée”. Anche per Franco Barbieri si tratta della personificazione della “Fama” o, in alternativa, di una “Ninfa”. Andreina Ballarin, in virtù della presenza del ciuffo sulla fronte, identifica la figura come “Fortuna”. Più recentemente Anna Maria Spiazzi ha proposto l’identificazione con “Galatea” o con “una Nereide”, individuando nell’opera assonanze stilistiche e compositive con il Trionfo di Galatea di Raffaello alla Farnesina.

In questa sede ritengo utile avanzare una nuova ipotesi d’identificazione, cortesemente suggeritami da Adriano Mariuz. Non vi è dubbio che il tema dell’affresco sia di natura profana, data l’esibita nudità della protagonista, le cui forme floride sono tornite da una luce radente che scaturisce dal basso: la sua persona si staglia nettamente contro un fondo architettonico costituito da finte specchiature geometriche modanate e contornate da festoni, mentre lungo i margini laterali del riquadro s’intuisce la presenza di draghi alati dipinti a monocromo. Tali elementi inducono a ipotizzare una continuità decorativa lungo la parete che ospitava l’affresco e conseguentemente la possibile esistenza di altre figure mitologiche non sopravvissute all’ammodernamento del palazzo. In questa prospettiva è possibile individuare nella giovane donna il personaggio di Andromeda: essa si erge infatti sopra una roccia impervia molto simile a uno scoglio, mentre le spire che si torcono ai suoi piedi appartengono verosimilmente al mostro marino ucciso da Perseo. Non è peraltro escluso che anche l’eroe argivo fosse raffigurato nello stesso ambiente di palazzo Capra.

L’opera venne inserita nell’inventario manoscritto di Minozzi come dipinto di Pietro Liberi. Spetta a Laura Coggiola Pittoni il merito di aver indicato il nome di Dorigny, successivamente da tutti accettato a eccezione di Giulio Fasolo, che propose un’attribuzione a Giambattista Pittoni.

Sotto il profilo tecnico il murale evidenzia una grande maestria esecutiva, con minimi scarti tra le incisioni praticate nell’intonaco e i margini delle campiture del colore. L’unico vero pentimento riguarda la coda serpentina in basso a destra, che secondo il tracciato fornito dal cartone doveva terminare molto più vicino al piede sinistro della donna.

La cronologia dell’opera sembra doversi ancorare, per ragioni stilistiche, ai cicli decorativi realizzati da Dorigny nell’ultimo quarto del seicento.

Bibliografia

Elenco dei doni…, 1868; Coggiola Pittoni, 1935, p. 298; Fasolo, 1940, p. 43 (Giambattista Pittoni); Cavalloni, 1946-1947, pp. 58-61; Ivanoff, 1960, pp. 245-246; Barbieri1, 1962, pp. 64-67; Donzelli-Pilo, 1967, p. 162; Ballarin An., 1982, p. 115; Spiazzi, in I Tiepolo…, 1990, p. 78, cat. 2.1; Rigoni, 1993, pp. 72-73; Barbieri, 1995, pp. 111-112; Pasian, 1999, pp. 12, 14; Fossaluzza, in Da Paolo…, 2000, pp. 158-159, cat. 50; Bergamini, 2001, p. 70; Pancheri, in Louis Dorigny…, 2003, pp. 116-118, cat. 18; Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, p. 47.

Esposizioni

Vicenza, 1990, p. 78, cat. 2.1; Venezia, 2000, pp. 158-159, cat. 50; Verona, 2003, pp. 116-118, cat. 18.

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