Lucrezia romana

Ricerca opere

AutoreLuca Giordano
Periodo(Napoli 1634 - 1705)
Datazione1652 - 1665
SupportoTela, 121x99
InventarioA 213

Il tema iconografico del suicidio di Lucrezia è assunto, in età barocca, quale emblema dell’estremo sacrificio a difesa della virtù coniugale.
L’eroina si presenta in una posa estremamente enfatica: la disposizione in diagonale dirige lo sguardo dell’osservatore dal pugnale, conficcato nel petto, alla mano alzata verso il cielo cui la donna rivolge gli occhi supplici. Le candide carni acquistano languida sensualità emergendo dalla cupa penombra che le avvolge e che lascia appena intravedere la vecchia serva. La pennellata veloce e nervosa e gli impasti ricchi di materia sottolineano la contaminazione con la pittura veneta.

Descrizione figurativa

Questo dipinto di Luca Giordano (1634-1705) riprende un tema caro in età barocca: il suicidio di Lucrezia, sposa fedele del nobile romano Collatino, oltraggiata dal figlio del re Tarquinio, Sesto, quale estremo esempio di difesa della virtù coniugale. In questo caso l'eroina é ripresa in una posa estremamente enfatica: viso e mano sinistra protesi verso l'alto, mano destra che sta conficcando il pugnale tra il seno destro nudo e lo sterno, provocando una ferita da cui sgorga copioso il sangue. Il busto seminudo che emerge da una cupa penombra, drappeggiato appena da una veste dai riflessi dorati, a sua volta coperta da un vermiglio mantello, lascia trasparire una languida sensualità, che stempera la  drammaticità dell'estremo gesto dell'eroina.

Descrizione audio

Ascolta

Iscrizioni

in basso a sinistra traccia della firma, forse spuria Luca Giordanus

Provenienza

legato Carlo Vicentini Dal Giglio, Vicenza 1834

Restauri

1986-1987, Alda Bertoncello

Inventari

1834: 223. Giuseppe Simonelli. Lucrezia romana, in tela con cornice. Lire 240; [post 1834]: 58. Luca Giordano. Lucrezia romana, 139; 1854: 139. 1.45. 1.20. Luca Giordano. Lucrezia romana; [1873]: Sala, parete delle finestre opposta a quella del principale ingresso, 22 (21). Luca Giordano nato 1632, morto 1704. Lucrezia romana; 1873a: c. 1, 22. Luca Giordano. Lucrezia romana; 1902: c. 9, 44 (vedi p. 8). 215. Lucrezia romana. Tela ad olio. Alto 1.25, largo 1.00. Attribuito Luca Giordano. Buono. Buona Legato Vicentini Dal Giglio; 1907: c. 4, 34 (34). Maniera di Luca Giordano. Lucrezia romana. Tela, 1.25x1.00; 1908: 34 (213). Maniera di Luca Giordano. Lucrezia romana (tela, 1.25x1.00). Nel 1908 si trova in sala. Nel 1873 si trovava in sala al n. 22 coll’attribuzione: Luca Giordano. Nel catalogo a stampa del Magrini porta il n. 13 della prima stanza a tramontana, e l’attribuzione a Luca Giordano. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 139, l’attribuzione a Luca Giordano e le dimensioni 1.45x1.20. Pervenne alla Pinacoteca nel 1834 per legato Vicentini Dal Giglio col n. 223 e le indicazioni: Simonelli Giuseppe, Lucrezia romana, tela con cornice, 1.12x1.00. Vedi ignoto, n. 21; 1910-1912: 213 (217). Numerazione vecchia: 34 numerazione Commissione d’inchiesta 1908; 34 catalogo 1902; 22 catalogo 1872; 13 Magrini catalogo 1855; 139 inventario di consegna 1854; 213 catalogo 1940; 213 catalogo 1912; 213 inventario 1950. Collocazione: II sala degli italiani. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: alto m 1.25, largo m 1.00; inventario 1950 1.25x1.03. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Lucrezia romana. Autore: maniera di Luca Giordano; scuola bolognese (Ricci); catalogo 1912 scuola bolognese; catalogo 1940 Lorenzo Garbieri (G. Fiocco); inventario 1950 Lorenzo Garbieri.

Descrizione tecnica

Giunto nelle collezioni del Museo nel 1834 come legato Vicentini Dal Giglio e quale opera dell’allievo di Luca Giordano, Giuseppe Simonelli (Napoli 1650-1710), nell’inventario del 1854 il dipinto viene assegnato a Giordano, paternità confermata l’anno successivo da Magrini (1855) e nel 1867 da Formenton. Nell’inventario del 1902 si preferisce, invece, espungere l’opera dal catalogo del maestro napoletano per assegnarla ad una generica maniera di questi, ipotesi successivamente accettata nell’inventario del 1908. Ongaro (1912) opterà per la scuola bolognese, come pure, successivamente, Arslan (1934). L’inventario del 1950 accetta dubitativamente, su suggerimento di Fiocco, l’attribuzione a Lorenzo Garbieri per la presenza della sigla “L.G.”, oggi oramai scomparsa (Bologna, 1958). Bologna riconferma con convinzione l’autografia di Giordano, collocando la tela intorno al 1665 e riconoscendovi la sensibilità “neoriberesca” che si esplica in “una mescolanza bellissima del repentino espressionismo della prima epoca con la schiettezza lieve e volante della pittura negli anni appena trascorsi” a Venezia. Ferrari-Scavizzi (1966) retrodatano l’opera al 1659, ponendola in contiguità al San Sebastiano del Castello di Schleissheim in Germania, alla Lucrezia del Metropolitan Museum di New York ed alla replica di quest’ultima conservata nel Museo di Dôle in Francia. Pietropoli (in Museo ritrovato…, 1986) è propenso a ritenere il 1652, anno del primo viaggio di Luca a Venezia e considerato “momento di più programmatico riberismo”, come riferimento cronologico al quale agganciare l’opera: tale riferimento si ritrova nel Cristo della Deposizione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia proveniente dalla chiesa di Santa Maria del Pianto (Ferrari-Scavizzi, 1992, I, p. 279, cat. A181).

L’atmosfera tenebrosa, sottolineata dalla luce radente che investe il corpo della giovane donna nel risentito chiaroscuro del volto e del panneggio, in contrasto con la vecchia che scostando la tenda a sinistra appena emerge dal buio, la pennellata veloce e nervosa che si risolve in impasti ricchi di materia, la mano che si staglia in alto contro il fondo oscuro conducono ad uno stretto legame stilistico con una precoce opera di Giordano, il Ratto di Elena della collezione del Banco di Napoli (Pietropoli, in Museo ritrovato…, 1986). Questa interpretazione è in ultimo confermata da Barbieri (1995), che vi sottolinea anche una prima contaminazione con le “soluzioni pittoriche venete”.

È infine da segnalare che nella monografia di Ferrari-Scavizzi del 1992 questo dipinto non figura, né tra i dipinti autografi né tra gli espunti.

Bibliografia

Magrini 1855, p. 55, n. 13; Formenton, 1867, p. 939; Ongaro, 1912, p. 84 (scuola bolognese); Arslan, 1934, p. 22 (scuola bolognese); Fasolo, 1940, pp. 152 (Lorenzo Garbieri); Bologna, 1958, p. 36; Ferrari-Scavizzi, 1966, I, p. 61, II, p. 68; Pietropoli, in Museo ritrovato…, 1986, pp. 144-145, cat. B43; Barbieri, 1995, p. 110.

Esposizioni

Vicenza, 1986, pp. 144-145, cat. B43.

Quest’opera appartiene al percorso: