Venere adornata dalle Grazie

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AutorePietro Liberi
Periodo(Padova 1614 – Venezia 1687)
Datazione1680 - 1690
SupportoTela, 161x215
InventarioA 306
Autore della schedaAlberto Craievich

La tela giunse in Museo nel 1834, insieme agli altri dipinti appartenenti alla nutrita quadreria che il nobile vicentino Carlo Vicentini Dal Giglio lasciò alle raccolte civiche.

Il dipinto raffigura la dea Venere, mollemente adagiata su un leggero drappo bianco e circondata dalle tre Grazie - Aglaia, Eufrosine e Talia - che fanno scendere su di lei una delicata cascata di rose, mentre fa capolino alle sue spalle un piccolo Eros. Il soggetto, uno dei più frequenti nel repertorio di Pietro Liberi, mette in risalto le forme piene, morbide e sinuose dei nudi femminili, solo parzialmente coperti da sottili e trasparenti veli. Le carni rosee dei corpi delle donne risaltano sullo sfondo del cielo grigio, lievemente striato di bianco e sono ancor più esaltate dal “tono spumeggiante del colore virato su iridescenze perlacee” (Avagnina). Con la sua delicatezza, il suo erotismo e la sua sensualità, la tela si propone quale esaltazione dei sensi e delle forme.

L’opera, un tempo ascritta ad artisti che si rifacevano alla scuola o alla maniera di Pietro Liberi, venne successivamente riferita a Marco Liberi, figlio di Pietro. Oggi, tuttavia, l’elevata qualità dell’esecuzione pittorica ha fatto propendere per un’attribuzione a Pietro Liberi, che forse lavorò a questa tela in collaborazione con il figlio.

Descrizione figurativa

Questa tela di Pietro Liberi (1614-1687) raffigura Venere, mollemente distesa su un leggero drappo bianco, circondata dalle tre Grazie, intente a riversare sul suo corpo una cascata di petali di rosa.
Il quadro mette in risalto le forme piene e morbide dei nudi femminili, in genere ed anche in questo caso seminudi,ritratti con i toni del colore rosa, appunto incarnito, maggiormante esaltato dallo sfondo grigio scuro del cielo. Da tutto il dipinto traspare un'impronta di sensualità ed erotismo, seppur espressi con grande delicatezza, tipici della diffusa cultura barocca.

Descrizione audio

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Provenienza

legato Carlo Vicentini Dal Giglio, Vicenza 1834

Restauri

2003, Renza Clochiatti Garla

Inventari

1834: 10. Scuola di Pietro Liberi. Venere coronata dalle Grazie, senza cornice. Lire 96; [post1834]: 301. Scuola di Pietro Liberi. Venere coronata dalle Grazie, 302; 1854: 302. Scuola di Pietro Liberi. Venere coronata dalle Grazie; [1873]: Sala, parete dalla parte principale della sala. 42 (43). Pietro Liberi nato 1605, morto 1687. Venere e le grazie; 1873a: c. 1, 43. Pietro Liberi. Venere e le grazie; 1902: c. 12, 56 (50). 50. Venere e le grazie. Tela ad olio. Alto 1.70, largo 2.30. Maniera di [aggiunto] Pietro Liberi. Non buono. Buona; 1907: c. 6, 50 (50). Maniera di Pietro Liberi. Venere e le grazie. Tela, 1.70x2.30; 1908: 50 (306). Maniera di Pietro Liberi. Venere e le grazie (tela, 1.70x2.30). Nel 1908 si trova in sala. Nel 1873 si trova in sala al n. 43 colla attribuzione a Pietro Liberi. Nell’inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell’anno 1854 porta il n. 302 colle indicazioni: scuola di Pietro Liberi, Venere coronata delle Grazie. Pervenne alla Pinacoteca nel 1843 per legato Vicentini Dal Giglio col n. 10 e le indicazioni: scuola di Pietro Liberi, Venere coronata dalle Grazie, tela senza cornice, 1.20x1.70; 1910-1912: 306 (312). Numerazione vecchia: 50 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 56 catalogo 1902; 43 catalogo 1873; 302 inventario di consegna 1854; 10 n. del legato 1834; 306 catalogo 1912; 306 catalogo 1940; 306 inventario 1950. Provenienza: legato Vicentini Dal Giglio 1834; catalogo 1912 legato Paolina Porto Godi; catalogo 1940 legato Paolina Porto Godi, inventario 1950 legato Paolina Porto Godi. Collocazione: salone. Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice dorata. Dimensioni: alto m 1.70, largo m 2.30; inventario 1950 1.62x2.15. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Venere e le grazie. Autore: maniera di Pietro Liberi; catalogo 1912 maniera di Pietro Liberi; catalogo 1940 maniera di Pietro Liberi; inventario 1950 Pietro Liberi?; W. Arslan Marco Liberi?

Descrizione tecnica

Il dipinto può essere identificato in uno dei “due grandi quadri con nudità nella quadreria Vicentini del Liberi Cavalier Pietro Padovano” visti da Luigi Lanzi in occasione del suo viaggio nel Veneto durante il 1793-1794 (Lanzi, 1989). La memoria di Lanzi permetterebbe di escludere che la tela appartenesse alla collezione di Carlo Cordellina, dal momento che essa risalirebbe a qualche anno prima della morte del suo unico erede, il figlio scapolo Ludovico, dopo il quale incominciò la dispersione della raccolta in parte confluita presso Carlo Vicentini Dal Giglio.

Come la precedente (cat. 203 A 304) opera è stata anch’essa ricoperta nel corso dell’ottocento da ridipinture che avevano accuratamente velato le nudità femminili, tolte nel corso di un restauro degli anni sessanta del novecento (Schiavo2, 1990).

Il soggetto raffigura un tema particolarmente caro alla pittura veneziana come quello di Venere ornata dalle tre Grazie. La dea dell’amore è distesa su un giaciglio mentre Aglaia, Eufrosine e Talia la adornano con delle rose, fiore tradizionalmente a lei dedicato.

Rispetto agli altri dipinti di Marco ora in Pinacoteca, la qualità appare in questo caso ben più elevata: si pensi al segno mosso e frizzante con cui sono definiti i panneggi delle Grazie, oppure al cascame di fiori che si riversa sopra Venere. Probabilmente per questo motivo Martini (1999) ha ritenuto si trattasse di un’opera di collaborazione tra padre e figlio. Invero un'attribuzione a Pietro è ribadita sia da Mauro Lucco che da Maria Elisa Avagnina (comunicazione orale), anche se alcuni palesi indurimenti, come, ad esempio, i profili monotoni e grossolani delle quattro figure, fanno ritenere che la paternità di Marco, ribadita anche nella recente monografia sui due artisti (Ruggeri, 1996), sia innegabile. Il salto qualitativo dell’opera - probabilmente una delle più felici dell’artista - rispetto alla sua restante produzione potrebbe essere dovuto ai numerosi esempi paterni (Ruggeri, 1996), ai quali Marco si è deliberatamente ispirato. Sembra possibile una datazione analoga a quella del dipinto precedente raffigurante Betsabea al bagno.

Bibliografia

Ongaro, 1912, p. 103, (maniera di Pietro); Kunze, 1929, p. 185; Arslan, 1934 (maniera di Pietro Liberi, forse Marco), p. ***; Fasolo, 1940, p. 175; Barioli, in Il Restauro a Vicenza…, 1972, p. 112, n. 180-181; p. 151, cat. 61; Pallucchini, 1981, p. 206; Ballarin An., 1982, p. 130 (Pietro Liberi); Lanzi [1793-1794], 1989, p. 55; Fantelli, 1989, p. 785; Schiavo2, 1990, p. 340, cat. 6.4 (Pietro Liberi); Avagnina, 1995, p. 79; Barbieri, 1995, p. 103; Ruggeri, 1996, p. 304, cat. M.57; Martini, 1999, p. 15 (collaborazione Pietro e Marco Liberi); Villa, in Palazzo Chiericati…, 2004, p. 43.

Esposizioni

Vicenza, 1990, p. 340, cat. 6.4.

Quest’opera appartiene al percorso: