Ritratto di scultore
Autore | Pittore veneto? |
---|---|
Periodo | (prima metà del secolo XVII) |
Datazione | 1630 - 1640 |
Supporto | Tela, 112x87 |
Inventario | A 80 |
Autore della scheda | Roberto Pancheri |
Descrizione figurativa
Il dipinto è considerato un ritratto dello scultore ed architetto Giambattista Albanese. Rappresenta una figura dalla veste scura con l'ampio colletto ed il polsino della camicia bianchi, preso di tre quarti verso destra, che dirige lo sguardo verso lo spettatore. Nella destra stringe un compasso, mentre la sinistra è posata su un busto marmoreo, rappresentante l'imperatore Vitellio. Il volto, intensamente illuminato è indagato dal pittore nei suoi tratti salienti: l'ampia fronte distesa, la folta chioma scarmigliata, i baffi e la barba incolti, le labbra carnose e tumide. La possente colonna scanalata sullo sfondo, la gigantesca testa scolpita del Vitellio, unitamente al compasso fanno certamente riferimento alla duplice vocazione dell'effigiato, l'architettura e la scultura. Il quadro si connota per l'austerità della posa e dell'intero impianto compositivo.
Descrizione audio
Cartellini
su carta bianca, a penna con inchiostro nero A80 Pittore forse vicentino sec. XVIII/ Lo scultore G.B. Albanese/ Olio su tela cm. 112x86
Provenienza
registrato dal 1873
Restauri
1911, Franco Steffanoni; 1987, Maria Beatrice Girotto
Inventari
[1873]: Stanza dei ritratti, I parete che dà ingresso alla stanza delle stampe, 13. Ignoto. Ritratto Girolamo Albanese; 1873a: c. 8, 13. Maffei. Ritratto di Girolamo Albanese scultore vicentino morto nel 1630; 1902: c. 82, 377 (328). 38. Ritratto di Giovanni Albanese scultore vicentino. Tela ad olio. Alto 1.10, largo 0.80. Ignoto. Guasto. Deperita. Testamento contessa Carolina Porto; 1907: c. 38, 324 (328). Ignoto. Ritratto di Giovanni Albanese scultore vicentino. Tela, 1.10x0.80. Testamento contessa Carolina Porto; 1908: 328 (80). Ignoto. Ritratto di Giovanni Albanese scultore vicentino (tela, 1.10x0.80). Nel 1908 si trova nella stanza dei ritratti al n. 13; 1910-1912: 80. Numerazione vecchia: 328 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 377 catalogo 1902; 13 catalogo 1873; 80 catalogo 1912; 80 catalogo 1940; 80 inventario 1950. Provenienza: catalogo 1912, catalogo 1940, inventario 1950 legato Paolina Porto Godi. Collocazione: sala dei veneti dei secoli XVI e XVII (provvisoriamente alla mostra del ritratto a Firenze 1911). Forma e incorniciatura: rettangolare con cornice. Dimensioni: 1.10x0.80; inventario 1950 0.86x1.12. Materia e colore: tela ad olio. Conservazione e restauri: restaurato da F. Steffanoni 1911. Descrizione: Ritratto dello scultore Giovanni Albanese. Autore: ignoto vicentino?; ignoto veneto; catalogo 1912 scuola veneta; catalogo 1940 scuola veneta; inventario 1950 pittore forse vicentino del XVII secolo.
Descrizione tecnica
Il dipinto è tradizionalmente considerato un ritratto di Giambattista Albanese (Vicenza 1576-1630), scultore e architetto della Vicenza post-palladiana. L’effigiato è rivolto di tre quarti verso destra e dirige lo sguardo all’osservatore. Nella destra stringe un compasso mentre l’altra mano è posata orgogliosamente su un busto marmoreo riproducente il celebre Vitellio della collezione Grimani a Venezia. A proposito di questo inserto, cui è conferito il massimo risalto anche sotto il profilo luministico, non sarà inutile ricordare che un secondo esemplare del prototipo antico - forse una copia rinascimentale - si trovava a Vicenza nella collezione di Arnaldo Arnaldi Tornieri e confluì con essa nelle raccolte archeologiche del Museo civico (Fasolo, 1940, p. 31, n. 107).
Il volto dell’effigiato, intensamente illuminato, è indagato dal pittore nei suoi tratti salienti: l’ampia fronte distesa, la folta chioma scarmigliata, i baffi e la barba incolti, le labbra carnose e tumide. La severità dell’abbigliamento è ravvivata unicamente dal voluminoso panneggio drappeggiato in corrispondenza dei fianchi, mentre il colletto e la gala del polsino che fuoriesce dalla manica destra intercettano suggestivamente con il loro candore il fascio di luce proveniente da sinistra, opportunamente orientato in modo da esaltare la plasticità del busto colossale. La composizione è chiusa sullo sfondo dal fusto scannellato di una possente colonna, la cui presenza, unitamente al doppio attributo della testa scolpita e del compasso, va certamente letta come allusione alla duplice vocazione dell’effigiato, l’architettura e la scultura. Tale compresenza costituisce un labile indizio a suffragio dell’identificazione del personaggio con Giambattista Albanese, accanto alla provenienza da una delle maggiori collezioni d’arte vicentine.
L’opera conquistò la ribalta della critica nazionale nel 1911, allorché venne esposta a Firenze alla mostra del ritratto italiano, dove comparve con il titolo generico di “Lo scultore Albanese” e con un’attribuzione a “Scuola Vicentina del ‘600”. Venne illustrata per la prima volta nel tardivo catalogo dell’esposizione giunto alle stampe nel 1927 per iniziativa di Ugo Ojetti. Nella relativa scheda Carlo Gamba si pose per primo il problema dell’identità dell’effigiato, osservando che “se [il ritratto] rappresentasse Girolamo Albanese, visto che questi fu anche pittore, potrebbe anche essere un autoritratto”. L’ipotesi di identificazione con il fratello di Giambattista - che non ha trovato credito negli studi successivi - amplierebbe lo spettro cronologico entro il quale collocare l’esecuzione del dipinto. In questa sede dev’essere considerato il sonetto - già segnalato da Mario Saccardo2 (1981, p. 516, nota 56) - inserito nella silloge Lacrime di Parnaso in morte del Signor Girolamo Albanese insigne statuario (Vicenza 1663), nel quale si ricorda un ritratto di Girolamo eseguito da Francesco Maffei (Rossi, 1991, p. 191): ogni ipotesi di identificazione con il dipinto in esame sembra tuttavia da escludere per ragioni strettamente stilistiche, anche se qualche affinità si può cogliere con il ritratto dell’architetto Antonio Pizzocaro già a Montecchio Maggiore (Rossi, 1991, p. 104, cat. 76, ill. 201). Di tutt’altra concezione appare, in ogni caso, la Testa di Vitellio dipinta come soggetto autonomo dal Maffei e oggi all’Accademia dei Concordi di Rovigo (Rossi, 1991, pp. 86-87, cat. 86, ill. 194). L’orientamento della critica, volto sino a oggi a ricercare l’autore dell’opera nell’alveo della pittura veneta, obbliga a un confronto con la vasta produzione ritrattistica di Tiberio Tinelli, che può fungere da termine di riferimento generale e consente di fissare la cronologia del ritratto in esame entro il quarto decennio del secolo. Esso è tuttavia connotato da un pittoricismo materico sostanzialmente estraneo ai modi del pittore veneziano e sembra concepito sotto la diretta influenza di Bernardo Strozzi, a Venezia dal 1633. Assonanze stilistiche non generiche si riscontrano, d’altra parte, anche con il filone più realista della pittura lombarda del seicento e in particolare con la ritrattistica di Carlo Ceresa. L’austerità della posa e dell’impianto compositivo ricordano un altro ritratto problematico di ambito vicentino, quello della poetessa Maddalena Campiglia, anch’esso conservato nelle collezioni del Museo civico di Vicenza e dubitativamente assegnato ad Alessandro Maganza (Lodi in Pinacoteca…, 2003, pp. 438-439, cat. 266).
Bibliografia
Mostra…, 1911, p. 182, cat. 17a (scuola vicentina del ‘600); Ongaro, 1912, p. 44 (scuola veneta); Gamba, in Il ritratto…, 1927, pp. 128-129, ill. XXII (scuola veneta del seicento; con l’erronea indicazione “Parma, R. Pinacoteca”); Ongaro, 1929, p. 91; Arslan, 1934, p. 17 (pittore certamente veneto, forse vicentino, del secolo XVII); Fasolo, 1940, p. 105 (secentista veneto); Museo…, 1949, p. 6 (secentista veneto).
Esposizioni
Firenze, 1911, p. 182, cat. 17a.