Ritratto di Ottavio Trento

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AutoreAntonio Canova
Datazione1814
Supportogesso, 49,5 × 33,5
InventarioE II 430
Autore della schedaGiovanni Carlo Federico Villa

Iscrizioni

in basso a destra: Trento 1814

Provenienza

dono Giambattista Baseggio, Bassano del Grappa (Vicenza) 1854-1855

Restauri

1999, Paolo Bacchin

Descrizione tecnica

Ritrovato dopo decenni di oblio nei depositi di Palazzo Chiericati in occasione della verifica inventariale compiuta tra il 1997 e il 1999, il prezioso gesso fu restaurato, esposto e pubblicato nella mostra dedicata all’Ottocento vicentino del 2000. E significativa apparve l’importanza di questo rilievo, ascrivibile ad Antonio Canova e riproducente l’effigie 1729 - 8 maggio 1812) poi traslata nella Stele funeraria ospitata nell’atrio dell’istituto vicentino da lui auspicato e a lui dedicato (Arslan 1956, p. 146, n. 997; Pavanello, 1976, p. 124, n. 265). Come apprendiamo dall’Elenco dei doni fatti al Museo nel 1854-1855, fu “Giambattista Baseggio di Bassano” a donare “il gesso originale in bassorilievo del ritratto di Ottavio Trento, che forma parte del suo monumento operato dal Canova per Vicenza” dando evidenza a quanto anche riportato sul gesso, nell’iscrizione “Trento 1814”. Antonio Magrini nel catalogo inaugurale del Museo civico descriveva tra i “Marmi Velo e plastiche” il “ritratto di Ottavio Trento, gesso originale di Antonio Canova che lo lavorò siccome parte del monumento per la casa di ricovero in Vicenza” (1855, p. 61). Come puntualmente tratteggiato da Sebastiano Rumor (1912a), il personaggio colto da Canova fu un significativo rappresentante della nobiltà berica settecentesca, in una vicenda umana segnata dal lignaggio di una famiglia aristocratica originaria di Trento, da cui il patronimico. Nato a Vicenza dal conte Giuseppe e dalla contessa Valeria Ferramosca, Ottavio fu iscritto nel 1777 al patriziato veneto principiando poi un decennio di carriera politica assai discussa. Nominato  nel maggio 1782 podestà di Chioggia, resse l’incarico fino all’anno successivo divenendo quindi reggente di Crema e, dal gennaio 1792, podestà e capitano di Bergamo. Città che lo accuserà di malversazione, portandolo nel 1795 a ritirarsi a vita privata, sfociata presto nella filantropia. A seguito della caduta della Repubblica di Venezia, nel 1797 fu tra i vicentini uno dei più entusiasti ad aderire alle riforme napoleoniche e, sfruttando l’ampia liquidità, acquistò numerosi beni alle aste seguenti le soppressioni prendendosi il preciso impegno, in occasione del transito di Napoleone a Vicenza il 27 settembre 1807, di agire a favore dei bisognosi cittadini berici, duramente colpiti dalla crisi economica legata alla progressiva scomparsa dei setifici. Esito sarà la creazione di una “Casa di lavoro volontario e semiforzato” realizzata con parte delle 234.305 lire della donazione fatta da Trento, per testamento, al Comune di Vicenza il 27 settembre 1810 (Congregazione di Carità, 1811). Quello che sarà battezzato Istituto Trento, tuttora attivo, troverà collocazione nell’ex monastero delle benedettine di San Pietro ove, il 17 marzo 1816, sarà inaugurato il Monumento funebre dedicato a Ottavio Trento e compiuto da Antonio Canova, a seguito di una commissione giuntagli nel 1812 da parte del Municipio berico, auspice l’umanista Francesco Testa (Avagnina, 2002). Che faticherà non poco a convincere lo scultore, allora oberato di commissioni, ma pronto a capitolare, a fronte di un compenso di 12.000 franchi, per realizzare una stele sepolcrale compiuta sul modello della Stele funeraria di Giovanni Volpato (Roma, basilica dei Santi Apostoli). Un lavoro assai significativo, per Canova, ottenuto nel 1804 a memoria dell’amico incisore che l’aveva introdotto negli ambienti romani – oltre a essere stato lo scultore per qualche tempo fidanzato della figlia – divenendo auspice della commissione per il Monumento sepolcrale a Clemente XIV nel 1783. Canova seguì in quell’occasione un modello per lui ormai cristallizzato, desunzione dalla stele funeraria greco-romana: l’allegoria dell’Amicizia, personificata da una melanconica immagine di donna seduta su di uno scranno all’antica, di fronte all’erma del defunto. Lo scultore effigiando l’estinto di profilo, colto nel perimetro di un medaglione commemorativo ove sono l’attenzione fisiognomica e psicologica a cogliere il senso complessivo dell’immagine nel rapporto con la figura piangente. La struttura architettonica della Stele Volpato – e conseguentemente di quella Trento – ripresa da modelli esperiti fin dal tempo della Stele Giustiniani del 1796-1797, ora conservata presso il Museo civico di Padova, prototipo per tutta la tipologia di opere in cui abbiamo la donna seduta di fronte all’erma dell’estinto. Grandesso (2000) ha ben ricostruito come Canova avesse domandato a Vicenza, nell’ottobre 1814, un ritratto di profilo del personaggio da ricordare e, quindi, realizzato il gesso preparatorio per il monumento funebre. Compiendo un busto magnifico per resa tattile, il rilievo appena percepibile per le tangenze della luce e la struttura del viso magistrale nell’evidenziare la volumetria ossea e le rughe d’espressione, declinando in ottica epica l’immagine, cesellata sull’appuntito profilo cui fa da contrappunto la massa delle ciocche dei capelli. Circonfondendo d’aura un personaggio le cui reali fattezze sono rese in modo ben più modesto dell’immagine ufficiale tramandata in una tela di Francesco Boldrini (Ritratto di Ottavio Trento, Vicenza, Raccolte Ipab, inv. 1324: Millozzi, 2002, p. 165, cat. 113). Rispetto ai modelli precedenti, nella Stele Trento lo scultore suggerisce un originale movimento per la flessuosa fanciulla posta a impersonare la Felicità, come ricordato nel marmo al di sopra del suo capo. Da un lato collegando la figura al defunto – la mano sinistra posata sulla spalla destra dell’effigiato, la mano destra a tesserne le lodi sulla base anepigrafa della colonna che regge il busto – dall’altro sbalzandone l’aggetto del capo e lavorando sulla verticalità dell’incannulato di pieghe della veste andando a sciogliere in naturalezza l’accavallarsi del piede sinistro sul destro; con la figura di Trento quasi perfettamente desunta dal gesso (minime le varianti in alcune ciocche di capelli e parte del modellato). Il gesso e la conseguente Stele funeraria sono qui un’eco diretta del tema foscoliano dei Sepolcri riletti in chiave elegiaca (sui rilievi canoviani ancora utile il repertorio di Ottorino Stefani 1990).

Bibliografia

Magrini, 1855, p. 61; Catalogo dei doni fatti al civico Museo, 1866, p. 5; Grandesso, in Musei Civici 2000, pp. 198-199, cat. 202; Avagnina, 2002, p. 197, cat. 6s.

Esposizioni

Vicenza, 2002, pp. 197, cat. 65.