Dante in esilio, 1860-1865

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AutoreDomenico Peterlin
PeriodoBagnolo (Vicenza) 1822 - Vicenza 1897
Datazione1860 -1865
Supportotela, 78,5x105
InventarioA 572
Autore della schedaChiara Signorini

Iscrizioni

firmato in basso a destra: Petarlini

Cartellini

musei civici vicenza / n. A 1120 / Domenico Peterlin / Dante in esilio / tela / 79 × 105

Provenienza

dono Francesco Secondo Beggiato in rappresentanza di alcuni vicentini, Vicenza 1865 (ASCVi, Comune di Vicenza, VIII, Museo, b. “1865”, fasc. “Doni”, lettera prot. n. 508 del 1865, mag. 13 con cui la Commissione alle cose patrie comunica al Municipio “che in questi giorni vennero fatti al civico Museo dei bellissimi doni, che saranno esposti nella ricorrenza 14 corrente. 1° il signor Francesco dottor Beggiato offerse in nome di parecchi cittadini il Ritratto di Dante Alighieri, che medita il divino Poema, lavoro di Domenico Pettarlin”; segue l’accettazione dei doni, prot. n. 2454 del 1865, mag. 19)

Restauri

1998, Maria Beatrice Girotto (Regesto delle opere, 2000, p. 313)

Inventari

[1873]: Stanza dei ritratti, parete IV. 70. Domenico Peterlini. Dante; 1873a: c. 8, 76. Cavalier Domenico Petarlini (vivente 1873). Ritratto di Dante; 1902: c. 1, 3 (74). Dante in esilio. Moderno. Tela a olio. Alto m 0.80. Largo m 1.10. Domenico Pettarlin. Buono. Buona. Dono dell’autore. [Trasportato nella I Sala moderna depennato; segue a c.139 la descrizione del medesimo quadro]; c. 139, 401. Dante Alighieri in esilio. Tela a olio. Pettarlin Domenico. Alto 0.80 × 1.10. Buono. Buona. Dono dell’autore; 1908: 401 (556, 572). Domenico Petarlin. Dante in esilio. Nel 1908 si trova nella Sala dei moderni. Nel 1873 si trovava nella Stanza dei ritratti al n. 76. Nel 13 maggio 1865 il professor Beggiato accompagna con lettera il dono che fanno al Museo alcuni cittadini di un quadro a olio rappresentante Dante Alighieri, che medita il suo poema, lavoro di Domenico Petarlin; 1910-1912: 572, aggiunta 1954. Numerazione vecchia: 401 catalogo 1908, 572 inventario 1950, 3 catalogo del 1902. Provenienza: dono dell’autore. Collocazione: sala 7. Forma e incorniciatura: rettangolare. Dimensioni: alto 0.80 × largo 1.10, 1950 0.79 × 1.05. Materia e colore: tela a olio. Descrizione: Dante in esilio. Autore: Domenico Petterlin, 1950 Domenico Peterlin

Descrizione tecnica

Il dipinto giunse al Museo grazie alla munifica donazione di alcuni cittadini nel 1865, in occasione delle celebrazioni per i 600 anni dalla nascita di Dante Alighieri. Il protocollo della Commissione alle cose patrie, alla data del 13 maggio di quell’anno, indica infatti che “il professor Beggiato [Francesco Secondo Beggiato, membro della Commissione] accompagna con lettera il dono che fanno alcuni cittadini di un quadro a olio rappresentante Dante Alighieri che medita il suo poema, lavoro di Domenico Pettarlin (MCVi, Museo, Protocolli, reg. 1,prot. n. 508 del 1865). La notizia è pubblicata l’anno successivo nel catalogo dei doni, dove si legge che alcuni cittadini donarono un “quadro dipinto ad olio in cornice dorata, che rappresenta Dante, il quale medita il divino Poema, lavoro assai lodato del vicentino Domenico Pettarlin” (MCVi, Museo, Catalogo dei doni,reg. 2, 1866, p. 15).
Nonostante l’inventario del 1902 dichiari erroneamente che il dipinto era stato donato dall’artista, nell’inventario del 1908 se ne riconferma la provenienza da un gruppo di vicentini che offrirono l’opera al Museo come segno della volontà della cittadinanza di partecipare alle commemorazioni dantesche, che a Vicenza culminarono nella pubblicazione del volume Dante e Vicenza, una raccolta di saggi dedicati al legame letterario e artistico tra il poeta e la città berica. Nella prefazione, datata 14 maggio 1865, è sempre Beggiato che illustra come “al pennello di Domenico Petarlin [...] affidarono i cittadini la imagine del Poeta che oggi fregia il Museo” (Beggiato, in Dante, 1865, s.p.), quasi che la commissione della tela fosse venuta da alcuni cittadini, non nominati nella lettera di donazione. Che il dipinto possa essere stato richiesto all’artista in occasione dell’anniversario del grande poeta italiano è ipotesi più che plausibile, in quanto il Dante vicentino è, forse, la seconda versione di un’opera molto simile conservata a Firenze in Palazzo Pitti (inv. Accademia n. 394), entrata nelle collezioni fiorentine tra il 1860 e il 1865, sempre in occasione delle commemorazioni dantesche, periodo in cui Peterlin si trovava nel capoluogo toscano. Una volta rientrato in patria, e in vista delle celebrazioni, i vicentini potrebbero aver chiesto all’artista una copia del dipinto donato a Firenze. Una probabile terza versione dell’opera è ricordata in una carta sciolta conservata nell’archivio del Museo vicentino, che menziona un “piccolo dipinto a olio [...] rappresentante Dante in figura intera”, tra i “dipinti ad olio e acquerello eseguiti dal defunto pittore storico Domenico Peterlin (1822-1897) posseduti dalla figlia signora Maria ed affidati in custodia alla signora contessa Giulia Falier in Daniele, domiciliata [...] in Roma” (Zatti, 2000).
Il dipinto mostra un Dante meditabondo, sdraiato, appoggiato di spalle a un declivio erboso, i lidi ravennati sullo sfondo, il capo chino sul libro chiuso nella mano sinistra. Facendo riferimento alla versione fiorentina dell’opera, Sandra Pinto (1972, p. 74) ha correttamente individuato la matrice iconografica della composizione nel celebre Ritratto di Goethe, eseguito nel 1787 dal pittore tedesco Johann Tischbein. Il confronto tra le due opere mostra l’evidente influenza che quest’ultimo dipinto, ora conservato alla Städtische Galerie di Francoforte (inv. n. 1157), ha indubbiamente avuto su Peterlin. Dal Goethe tedesco l’artista vicentino riprende il modello iconografico del poeta inserito nel paesaggio, la posa pressoché identica, la simbolica fronda d’alloro alle spalle e, infine, il paesaggio sullo sfondo, che nell’opera di Tischbein è la campagna romana, come richiamo al Viaggio in Italia, nella tela del Peterlin sono invece i lidi ravennati, luoghi dell’esilio di Alighieri.
Peterlin si era formato tra Venezia, Roma, Torino e Firenze, dove proprio nel 1865 fu colpito da gravi problemi alla vista che lo costrinsero a ritornare a Vicenza. Nel corso degli anni il disturbo peggiorò fino alla quasi completa cecità, ma ciò nonostante continuò a dipingere. Per sostenerlo, la Commissione alle cose patrie di Vicenza lo nominò conservatore del Museo civico il 28 maggio 1872, incarico che ricoprì fino alla morte. Fu assegnata a lui e alla sua famiglia un’abitazione di pertinenza del Museo. Gli studi compiuti nelle maggiori città italiane e il particolare clima risorgimentale che si respirava all’epoca resero il pittore particolarmente incline alla realizzazione di opere a tema storico e letterario. A partire dall’esordio veneziano, Peterlin dipinse diverse tele di gusto romantico-evocativo, non esenti dall’influsso del purismo romano. L’adesione all’ideologia nazionalistica e patriottica lo portò a prendere parte ai combattimenti del 1848. In quegli anni era in corso una rivalutazione della vita e dell’opera di Dante in chiave romantica: la rilettura ideologica e civile delle sue opere veniva trasformando il poeta in un simbolo di eroismo e di libertà nell’Italia risorgimentale (Toffoletti, 2017, p. 169, cat. 40). Nel Dante di Peterlin si respira quest’atmosfera carica di significati simbolici: il poeta esiliato, lo sguardo quasi corrucciato e perso nel vuoto, la consapevolezza dell’impossibilità del ritorno alla sua terra natia danno alla composizione una nota malinconica e patetica.
In primo piano, il pittore definisce ogni dettaglio con perizia, cercando di dare maggior senso prospettico contrapponendo, alle spalle del poeta, un paesaggio evanescente e indefinito. L’attenzione al dettaglio nei particolari, tuttavia, tradisce una certa rigidità nella composizione. Peterlin non era nuovo a temi danteschi, poiché già negli anni cinquanta aveva inserito la figura del sommo poeta nel maestoso dipinto allegorico Il Trionfo del Vero o L’Apocalisse di san Giovanni, un’imponente tela in cui metteva in scena una ripresa quasi letterale dell’Apocalisse di Giovanni, riletta in chiave politico-risorgimentale. In quest’ottica sono inseriti nella composizione – assieme a Dio, il Cristo morto compianto da santi e martiri e i quattro cavalieri – anche i grandi italiani, personaggi che nella mitologia risorgimentale avrebbero precorso con la loro opera il “riscatto nazionale”: Dante, Michelangelo, Torquato Tasso, Cristoforo Colombo, Savonarola, Galileo (Bertoldi, 1860, pp. 1-24; Ciliento 2005, pp. 143-150). L’opera, donata a Vittorio Emanuele II e inizialmente esposta al palazzo reale di Torino, si trova ora nella basilica di Superga, mentre il Museo civico di Vicenza ne conserva due bozzetti preparatori (Gabinetto Disegni e Stampe dei Musei Civici di Vicenza, invv. D 1667 e 1668), regalati nel febbraio del 1900 da Francesco e Maria Trombini (MCVi, Museo, Atti generali. II serie, fasc. 36, sottofasc. 1).
Una volta entrato nelle collezioni museali vicentine, il Dante fu inizialmente esposto nella Sala dei ritratti e poi trasportato nella Sala dei moderni ma, dal verbale della Commissione dell’11 febbraio 1912, sappiamo che a quell’epoca molte opere ottocentesche erano state rimosse, non senza proteste da parte dei visitatori,  tanto che la Commissione proponeva “una esposizione provvisoria di alcune opere d’arte moderna e principalmente della Giulietta e Romeo di Roi e del Dante di Peterlin” per andare incontro alle loro richieste (MCVi, Museo, Verbali, reg. 3, verbali del 1912, feb. 11, feb. 18, feb. 25). Le due opere erano infatti esposte insieme, uniche rappresentati dell’arte moderna, al momento della riapertura del Museo, il primo giugno 1912 (sui vari passaggi e considerazioni che precedettero il riallestimento delle due opere, vedi cat. 66). L’anno successivo alla riapertura del Museo, la Commissione alle cose patrie prese contatto con il Ministero della Pubblica Istruzione per chiedere che la versione fiorentina del Dante, a quell’epoca ritirata dal percorso espositivo, fosse concessa in deposito al Comune di Vicenza per essere collocata nella Biblioteca Bertoliana (MCVi, Museo, Verbali, reg. 3, verbale del 1913, mar. 28). Trovando riscontro positivo tanto al Ministero quanto a Palazzo Pitti, si giunse a concordare una proposta di convenzione presentata dalle Reali Gallerie di Firenze, approvata con delibera di giunta il 13 agosto 1913 e confermata in seconda lettura il 2 dicembre 1914 (vi si conveniva che il Comune di Vicenza avrebbe garantito la conservazione dell’opera per cinque anni e la sua esposizione presso la civica Biblioteca, ma la proprietà sarebbe rimasta alle Gallerie di Firenze). Nonostante il parere positivo di entrambe le parti, il trasferimento non ebbe luogo, probabilmente a causa della mutata situazione politica, che portò al primo conflitto mondiale (MCVi, Museo, Verbali, reg. 3, verbale del 1913, mar. 28; Atti del Consiglio comunale di Vicenza, annata 1913, prot. 9277 del 13 agosto pp. 457-460; Atti del Consiglio comunale di Vicenza, annata 1914, prot. 13557 del 2 dicembre pp. 414-415; Archivio Storico delle Gallerie fiorentine, anno 1913, posizione G.A.M., fasc. 1, lettere del 22 apr., 13 mag., 19 giu., 7 lug. e 30 ott.).

Bibliografia

Dante e Vicenza, 1865, s.p.; Catalogo dei doni, 1866, p. 15; Atti del Consiglio comunale di Vicenza, annata 1913, prot. 9277 del 13 agosto, pp. 457-460; Atti del Consiglio  comunale di Vicenza, annata 1914, prot. 13557 del 2 dicembre pp. 414-415; Pinto, 1972, pp. 73-74; Rigon Barbieri, 1991b, p. 961 e 1991c, p. 217 e tav. 308; Zatti, in Musei Civici di Vicenza, 2000, p. 145, cat. 103; Ciliento, 2005, pp. 143-150; Brotto Pastega, 2003e, pp. 791- 792; Toffoletti, 2017, p. 169, cat. 40, tav. XL.

Esposizioni

Vicenza, 2000, p. 145, cat. 103; Illegio (Udine), 2016, p. 169, cat. 40.