San Sebastiano medicato da santa Irene

Ricerca opere

AutoreCopia da Francesco Cairo
Periodoseconda metà del secolo XVII
Supportotela, 60,2x81,5
InventarioA 202
Autore della schedaLino Moretti

Nella Passio di san Sebastiano si racconta che l'imperatore Diocleziano fece saettare il giovane tribuno militare perchè cristiano; dopo il supplizio gli arceri lo abbandonarono credendolo morto. Irene, vedova del martire Castulo, quando andò a recuperare il corpo per dargli sepoltura, lo trovò ancora in vita e lo portò nel suo palazzo sul Palatino, dove lo curò. Risananto, Sebastiano si ripresentò all'imperatore, che lo fece flagellare fino alla morte. Il giovane martire ebbe largo culto come protettore dalla peste bubbonica, per l'associazione delle piagne delle frecce con quelle prodotte dal morbo. Nella pittura del seicento ebbe particolare fortuna il tema di Sebastiano curato da Irene; spesso la scena è ambientata all'aperto e la caritatevole donna è rappresentata ancor giovane  ed avvenente e accompagnata da un'ancella. Qui la scena è concepita in un ambiente cupo e misterioso e la pia donna è una vecchia rugosa che medica da sola il giovane martire; il patetismo è verosimilmente da collegare con il ricordo della peste del 1630. Il dipinto è pervenuto alla Pinacoteca con l'attribuzione ad Antonio Bellucci, riportata da Magrini (1855); Ongaro (1912) lo disse di scuola bolognese; i cataloghi successivi del Museo lo hanno ignorato sebbene fosse esposto. Longhi (1943) lo ricordò con altri esemplari quale replica originale di Orazio Riminaldi (Pisa 1593 - 1630). L'attribuzione di tutto il gruppo longhiano è stata corretta in quella al lombardo Francesco Cairo (Milano 1607 - 1665) dalla Gregori (1972, p. 56), che ne ha indicato il prototipo originale nella tela del Musèe des Beaux Arts di Tours già nel 1952 riconosciuta a Cairo da Charles Sterling (Fohr, 1982, p. 114). Il dipinto del Museo francese, che è un po' più grande (cm 68x84) di quello vicentino, proviene dalla Galleria Ducale di Modena, alla quale fu venduto dal pittore poco prima del 13 aprile 1635 (Basso, in Francesco Cairo.... 1983, p. 124). In esso Cairo mostra di essersi allontanato dai modi dei pittori lombardi, in particolare dal suo maestro Francesco Morazzone, e di aver avuto la rivelazione dei caravaggeschi romani e napoletani. La fortuna di cui godette quel quadro è provata dalla replica già in Villa Albani a Roma (rubata negli anni settanta) e dalle copie antiche della Galleria Carpioni a Modena (inv. 85) e della villa Vertomate-Franchi a Piuro (sondrio); una copia del secolo XIX si trova nel Castello di Clos Lucè ad Amboise. Nel catalogo della mostra di Cairo (Francesco Cairo...1983, p. 124) Basso scrive che il dipinto del Museo di Vicenza non fu allora rintracciato; non è ricordato neppure nella accuratissima monografia di Frangi (1988). L'esemplare vicentino, sebbene non abbia l'alta definizione di immagine e le finezze di modellato e di luci dell'originale, vale pur sempre a trasmettere l'emozione spesso angosciante e talora anche torbida propria del grande artista.

Cartellini

sul telaio, a pennarello nero Inv. 202

Provenienza

legato Carlo Vicentini Dal Giglio, Vicenza 1834

Restauri

1990, Alda Bertoncello

Inventari

1834: 93. Antonio Bellucci. La figlia del prefetto che medica le ferite di san Sebastiano, in tela con cornice. Lire 48; [post 1834]: 124. Antonio Belluzzi. La figlia del prefetto che medica le ferite di san Sebastiano, 294; 1854: 294. Antonio Belluzzo. La figlia del prefetto che medica le ferite a san Sebastiano; [1873]: Stanza di Pio VI, prima stanza a tramontana, quarta parete che dà ingresso alla seconda stanza a tramontana, 35. Copia dal Guercino. San Sebastiano ferito; 1873a: c. 4, 35. Scola bolognese. San Sebastiano ferito; 1902: c. 26, 120 (112). 112. San Sebastiano, ovvero il samaritano che medica il ferito. Tela ad olio. Alto 0.65, largo 0.80. Scuola bolognese. Buono. Non buona. Legato Vicentini Dal Giglio; 1907: c. 13, 112 (112). Scuola bolognese. Il samaritano che medica il ferito [corretto su San Sebastiano]. Legato Vicentini Dal Giglio; 1908: 112 (202). Scuola bolognese? (da esaminare). La figlia del prefetto che medica le ferite di san Sebastiano (tela). Nel 1908 si trova nella prima stanza a sinistra. Nel 1873 si trovava in stanza del re al n. 35 coll'attribuzione: ignoto, San Sebastiano ferito. Nel catalogo a stampa del Magrini dell'anno 1855 porta il n. 21 in sala ed è attribuito ad Antonio Belluzzo. Nell'inventario di consegna della Pinacoteca al Museo dell'anno 1854 porta il n. 294 e l'attribuzione ad Antonio Belluzzo. Proviene dal legato Vicentini Dal Giglio del 1834 con queste indicazioni: Antonio Bellucci, la figlia del prefetto che medica le ferite di san Sebastiano, tela con cornice, 0.55x0.90; 1910-1912: 202 (206). Numerazione vecchia: 112 numerazione della Commissione d'inchiesta 1908; 120 catalogo 1902; 35 catalogo 1873; 21 Magrini catalogo a stampa 1855; 294 inventario di consegna 1894; 202 catalogo 1873; 202 inventario 1950. Provenienza legato Vicentini Dal Giglio 1834. Collocazione: II sala degli italiani. Forma e incorniciatura: rettangolare. Dimensioni: alto 0.55, largo o.90; inventario 1950 0.70x0.83. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: pervenne col titolo La figlia del prefetto che medica le ferite a san Sebastiano; nel catalogo 1902 è definito Il samaritano che medica il ferito, ma evidentemente si tratta di san Sebastiano. Autore: scuola bolognese; ignoto (catalogo 1873); antecedentemente attribuito ad Antonio Belluzzo o Bellucci; catalogo1912 scuola bolognese; inventario 1950 seicentista emiliano.

Esposizioni

Magrini, 1855, p. 53, n. 21 (Antonio Belluzzo); Ongaro, 1912, p. 81, (scuola bolognese); Longhi, 1943, p. 55, nota 73 (replica originale di Orazio Riminaldi).