Prospettiva di rovine con figure
Autore | Sebastiano Ricci e Marco Ricci |
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Periodo | (Belluno 1659 - Venezia 1734) |
Datazione | 1735 |
Supporto | Olio su tela, cm. 206x276 |
Inventario | A 269 |
Tra le numerose tele raffiguranti paesaggi con architetture in rovina e figure umane conservate nella Pinacoteca di Palazzo Chiericati, l’opera di Marco e Sebastiano Ricci, risalente alla metà del terzo decennio del secolo XVIII, si distingue per l’elevata qualità: si tratta di un vero e proprio “capolavoro della pittura veneta di rovine nella prima metà del Settecento” (Arslan).
Resti di grandiosi monumenti della classicità, fusti di colonne riverse al suolo, frammenti di antiche sculture, statue mutile, rovine abbandonate per secoli all’incuria, irrispettosamente deturpate da arbusti e piante selvatiche e deteriorate dall’inesorabile fluire del tempo, tornano a vivere grazie alla presenza delle figure umane: una madre con i suoi chiassosi bambini in primo piano, un soldato che si arrampica sui resti di pietra, attratto dalla bellezza di un frammento di statua femminile, un gruppo di curiosi sulla destra ed alcuni tagliapietre sullo sfondo.
Si deve probabilmente a Marco la progettazione dell’impianto compositivo generale dell’opera, costruito tramite una successione di piani prospettici che degradano in profondità, e la realizzazione dei monumenti in rovina, vivacizzati dai tocchi di luce. Lo zio Sebastiano dipinse invece i frammenti di scultura, il bassorilievo sulla sinistra della tela, le figure umane e la collinetta che si intravede in lontananza tra i resti di un tempio. Le mani dei due artisti lavorarono in perfetta sintonia, creando un’opera straordinaria, espressione di quel gusto per l’antico, che getterà le basi per la nascita, di lì a poco, dell’archeologia.
Descrizione figurativa
In questo "capolavoro della pittura veneta di rovine", come lo definì Arsan, le mani di Sebastiano e Marco Ricci, rispettivamente zio e nipote, lavorano in perfetta sintonia, suddividendosi i compiti: al primo quello di dipingere i frammenti di una scultura, un bassorilievo sulla sinistra della tela e le figure umane; al secondo d'impostare l'impianto generale, giocando soprattutto su una successione di piani prospettici. L'insieme dà vita ad un ammasso di rovine abbandonate per secoli all'incuria e deturpate da arbusti e piante infestanti grazie all'inserimento di figure umane: la madre con i suoi bambini, un soldato che si arrampica sui frammenti di una statua femminile, un gruppo di curiosi sulla destra e dei tagliapietre sullo sfondo. E' un'opera che esprime quel gusto per l'antico che getterà le basi per la nascita, da lì a poco, dell'archeologia.
Descrizione audio
Restauri
1910, Franco Steffanoni; 2000, Lino Sofia (cornice); 2000-2001, Alessandra Cottone