Battente in forma di Nettuno con due cavalli marini
Autore | Bottega veneziana da un modello di metà del secolo XVI |
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Datazione | 1600 |
Supporto | bronzo |
Inventario | S 123 |
Autore della scheda | Victoria Avery |
Il battente, proveniente dal palazzo della famiglia Cordellina in contrà Riale a Vicenza, entrò a far parte della collezione di bronzi del Museo civico nel 1884.
Vi compare al centro Nettuno, nudo, colto nell’atto di scagliare un’invettiva contro i venti che, secondo quanto narrato da Virgilio (Aen. I), per ordine di Giunone, avevano scatenato una potente tempesta contro la flotta troiana nel vano tentativo di affondarla. Il dio, adirato, con i capelli e la barba scompigliati dal vento e il viso corrucciato, emerge dalle onde stringendo con la mano destra il tridente, purtroppo andato perduto. Al suo fianco sono raffigurati due ippocampi alati con le code intrecciate in alto all’altezza del perno e le zampe anteriori incrociate in basso e appoggiate all’impugnatura a forma di conchiglia rovesciata.
Questo tipo di iconografia ebbe vasta diffusione in età Rinascimentale, in particolare a Venezia: i veneziani infatti, ritenendosi i dominatori incontrastati del mare, amavano identificarsi in questa immagine del dio Nettuno.
Il battente del Museo di Vicenza, dalla lavorazione sommaria e poco rifinita, venne fuso riproducendo un modello di qualità molto più elevata probabilmente disegnato dallo scultore Alessandro Vittoria.
Provenienza
dono Collegio Cordellina, Vicenza 1884 (Elenco dei donatori e dei doni da essi fatti al civico Museo nell’anno 1884, n. 6542: “La Commissione direttiva del Collegio Cordellina; un battente di bronzo del portone, palazzo Cordellina, via Riale”)
Inventari
[1954]: E II 142. Battente di bronzo con Nettuno e due cavalli marini, già in palazzo Cordellina in via Riale. Di ignoto del tardo settecento. Cm 36x28.
Descrizione tecnica
Nettuno, con i capelli mossi dal vento e la barba, è raffigurato emergente dalle onde, mentre tiene nella mano destra levata un tridente (perduto), dalle punte tuttora visibili.
La divinità marina, nuda, è affiancata da due vivaci ippocampi alati, con le code che si intrecciano vicino al perno, così come le zampe anteriori, incrociate nella parte inferiore, che poggiano su un abbozzo di impugnatura in forma di conchiglia rivolta verso l’alto.
In origine, compariva uno scudo d’arme sulla cima, sostenuto dalle code dei cavalli marini, ma sfortunatamente è spezzato. Forse lo stemma era quello della famiglia Cordellina, da cui si è dedotta, visto il dono del 1884, la provenienza dal palazzo di famiglia, in contrà Riale a Vicenza. Del resto, già in un documento del 1868 la Commissione alle cose patrie della città di Vicenza sollecitava la Giunta municipale affinché convincesse l’amministrazione del Collegio Cordellina a cedere “il grande martello di bronzo figurato appeso al portone di palazzo Cordellina, contrada Riale, esposto al pericolo di non difficile derubamento” (ASCVi, Comune di Vicenza, V, Culto, Chiesa di Santa Corona, b. 1, “1861-1880”, lettera del 1868, giu. 8).
Nettuno è rappresentato qui nell’atteggiamento adirato “Quos Ego” come descritto da Virgilio (Aen, I, pp. 125-40): è infatti colto nell'atto di lanciare un’invettiva contro i venti che, al comando di Giunone, hanno scatenato una potente tempesta nel vano tentativo di distruggere la flotta troiana.
Questo particolare tema era molto popolare nel Rinascimento: Marcantonio Raimondi realizzò un’incisione (da un dipinto di Raffaello dello stesso soggetto), che venne riprodotto in larga misura, e Giovanni Bernardi da Castel Bolognese disegnò una placchetta ovale dalla stampa di Raimondi, replicata numerose volte. Era dunque estremamente popolare nella cultura bronzea, come attestato dai gruppi a Cleveland e Baltimora (Bowron, 1978, pp. 47, 55-56), per esempio, e quello al Victoria and Albert Museum a Londra, la cui paternità è ancora molto contestata (Leithe Jasper, in “La bellissima maniera”…, 1999, pp. 346-349, cat. 76).
Il battente in questione è stato fuso riproducendo pedissequamente un modello di gran lunga migliore (la fusione meglio conosciuta si trova nel Kunsthistorisches Museum di Vienna; per la quale vedi Leithe Jasper, in “La bellissima maniera”…, 1999, pp. 350-351, cat. 77), il cui disegno è stato tradizionalmente attribuito allo scultore veneziano Alessandro Vittoria (Planiscig, 1924, pp. 100-101, cat. 175). Il modellato piuttosto rozzo e poco rifinito, insieme alla presenza dello stemma, suggerisce decisamente che si tratti di una fusione relativamente tarda: il modello era evidentemente molto popolare a Venezia e ha continuato ad essere replicato fino al secolo XIX, con copie moderne realizzate fino ai giorni nostri. Se ne conoscono infatti più di quaranta esempi (molti dei quali sono elencati in Penny, 1992, pp. 246-247, cat. 181), oltre ad alcune varianti.
Nel Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma è conservato, per esempio, un battente che mostra Nettuno accompagnato da due leoni, ritratto mentre conficca il tridente sulla schiena di uno e carezza l’altro. Ne esistono altri, che raffigurano una Venere posta al centro affiancata da delfini (due si trovano ora nella National Gallery di Washington D.C., ad esempio), molto probabilmente realizzati come pendant del presente modello.
Il battente appartiene ad una tipologia comune a Venezia, con foggia a forma di lira. In certi casi, i cavalli marini sono posizionati vicini alla coppia di leoni o a quella dei delfini, mentre la conchiglia si trova presso la voluta sporgente. Inoltre, ci sono numerose altre varianti per la figura centrale come ad esempio Paolo eremita, Giuditta che mostra la testa recisa di Oloferne, una personificazione di Venezia, Marte in armi all’antica, Ercole con il suo bastone nodoso, Cupido a cavalcioni di un falco su una maschera grottesca, ed infine un putto in volo con un grappolo d’uva in mano. La serie di modelli che furono prodotti a Venezia dalla seconda metà del secolo XVI in poi, è illustrata nei disegni di antichi battenti trovati in città da Jan von Grevenbroeck, che egli realizzò per Pietro Gradenigo nel 1785 (Raccolta di…, Museo Correr). Delle varianti, il presente disegno è di gran lunga il più popolare - Grevenbroek illustrò non meno di undici esempi a Venezia - cosa che non sorprende visto che i veneziani si ritenevano dominatori del mare, così come Nettuno.
Bibliografia
Beltramini, in Placchette, bronzetti…, 1997, p. 110, cat. 131.
Esposizioni
Vicenza, 1997, p. 110, cat. 131.