Ritratto di Maddalena Campiglia

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AutoreAlessandro Maganza
Periodo(Vicenza 1548 - 1632)
Datazione1580 -1590
SupportoTela, 104x87,1
InventarioA 82
Autore della schedaFrancesca Lodi

 

Maddalena Campiglia fu una delle rare intellettuali venete del tempo e il valore della sua poesia fu riconosciuto anche da Torquato Tasso. Ella operò scelte di coraggiosa indipendenza per il tempo: dopo essersi sposata, forse per obbedienza filiale, si separò volontariamente pochi anni dopo. Il rigore dell’ampia veste nera, rischiarata solo al bavero e ai polsi, documenta quell’austerità e integrità a cui la poetessa improntò la sua vita. I grandi occhi, dallo sguardo penetrante e severo, denotano la consapevolezza delle sue scelte e del suo vivere controcorrente.

L’opera è stata recentemente ascritta a Maganza e datata intorno al 1580-90 per essenzialità e incisività di linguaggio.

Descrizione figurativa

Questo ritratto è opera di Alessandro Maganza (1548-1632), fecondo pittore vicentino che dopo essere stato allievo del Fasolo, apprese in anni veneziani la lezione di Tintoretto e Veronese. Qui ritrae Maddalena Campiglia, rara figura di intellettuale femminile del 16° secolo, spirito libero e indipendente, che ebbe tra l'altro il coraggio di separarsi dal marito, probabilmente impostole, dopo due anni di matrimonio, per potersi dedicare completamente alla musica ed alla letteratura, che le valse le lodi anche di Torquato Tasso. Il pittore la ritrae in una rigorosa veste nera, rischiarata solo al bavero ed ai polsi, mentre fortemente espressivo si presenta il volto, dai grandi occhi e dallo sguardo penetrante, manifestazione dell'austerità ed integrità su cui la poetessa improntò la sua vita spesso fatta di scelte controcorrente e per il tempo assai temerarie.

Descrizione audio

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Cartellini

1949-1950 N. 82/ Opera vicina al Renieri ?/ Ritratto di Maddalena/ Campiglia/ tela 104x89; su carta bianca, a penna con inchiostro nero A 82 Alessandro Maganza/ Maddalena Campiglia/ poetessa/ vicentina secolo XVI/ olio su tela cm. 105x88

Provenienza

registrato dal 1873

Restauri

1986, Alda Bertoncello

Inventari

[1873]: Stanza dei ritratti, parete che dà ingresso alle stanze delle stampe, 15. Ignoto. Maddalena Campiglia; 1873a: c. 8, 15. Ignoto. Ritratto di Maddalena Campiglia poetessa vicentina, morta 1595; 1902: c. 69, 308 (293). 291. Ritratto di Maddalena Campiglia poetessa vicentina. Tela ad olio. Alto 1, largo 0.80. Un po’ rovinato. Deperita; 1907: c. 34, 294 (293). Ignoto. Ritratto di Maddalena Campiglia poetessa vicentina. Tela, 1x0.80; 1908: 293 (82). Ignoto. Ritratto di Maddalena Campiglia (tela, 1.00x0.80). Nel 1908 si trova nella stanza dei ritratti. Nel 1873 si trovava nella stanza dei ritratti al n. 15; 1910-1912: 82 (88). Numerazione vecchia: 293 numerazione della Commissione d’inchiesta 1908; 308 catalogo 1902; 15 catalogo 1873; 82 catalogo 1912; 82 catalogo 1940; 82 inventario 1950. Collocazione: sala dei veneti dei secoli XVI e XVII. Forma e incorniciatura: rettangolare. Dimensioni: 1.00x0.80; inventario 1950 1.04x0.89. Materia e colore: tela ad olio. Descrizione: Ritratto di Maddalena Campiglia poetessa vicentina. Autore: ignoto; catalogo 1912 scuola veneta; catalogo 1940 scuola veneta; inventario 1950 opera vicina al Ranieri? (W. Arslan); per G. Fiocco opera di scuola toscana.

Descrizione tecnica

Maddalena Campiglia (1553-1595), figlia del nobile Carlo e di Polissena Verlato, si distinse in Vicenza per la raffinata cultura e l’attività letteraria e musicale. In particolare la favola pastorale Flori, edita nel 1588, le procurò, tra gli altri, l’elogio del Tasso, alla cui Aminta si era ispirata (Mutini, 1974, pp. 541-542).

Nonostante il Morsolin già nel 1882, orientato dai versi di Giambattista Maganza senior indirizzati alla poetessa (“Parona un de sti dì/ Me figiuol vegnera co i suo colore/ A compir quello che ’l v’è debitore”: Rime in lingua rustica padovana di Magagnò, Menon, e Begotto, parte quarta, Venezia 1659, p. 172; prima edizione 1583), avesse riconosciuto come opera di Alessandro Maganza il ritratto della Campiglia da pochi anni esposto nel Museo civico, gli inventari museali ne ignorano l’identificazione, e solo in tempi relativamente recenti il dipinto è stato restituito al pittore vicentino da Barioli e Ballarin (1973), e da Sgarbi (in Museo ritrovato…, 1986), dubitativamente dai primi, con sicurezza dal secondo, che scorge nella ritrattistica le prove più convincenti dell’artista.

Rigorosamente inquadrato in uno schema triangolare e campito su di uno sfondo grigio, indistinto, il ritratto concentra la luce, che proviene dalla destra, sul volto sensibile della poetessa, in cui indaga i segni di un precoce invecchiamento, rilevando le rughe che incidono la fronte tra le sopracciglia e si incurvano ai lati della bocca, conferendo qualcosa di amaro al tenue sorriso. Ma sono in particolare i grandi occhi assorti e malinconici, che paiono inseguire un nascosto pensiero, ad assicurare vita all’immagine. La cappa nera, che sembra annullare la realtà corporea, solo avvivata dal bavero e dai manichini di organza grigio chiaro - non un gioiello la impreziosisce - i capelli non composti nella elaborata pettinatura di moda a fine cinquecento, concorrono a suscitare l’impressione di una deliberata austerità di vita. L’abbigliamento fa effettivamente pensare a quello delle vedove o delle pizzocchere (Barioli-Ballarin An., in Il Gusto…, 1973). D’altra parte Mantese (1967, pp. 102-106) ha accertato sulla base dei documenti che la Campiglia tra 1572 e 1575 aveva sposato Dionisio da Colzè, destinato a sopravviverle, da cui si separò dopo il 1580. Lo studioso esclude altresì che la poetessa abbia fatto parte della Compagnia delle Dimesse, come suppone il Calvi (1779, V, pp. 224-226), o sia entrata nel Terzo Ordine domenicano, ipotesi verso cui inclina il Morsolin (1882, p. 39). Se non qualifica lo stato di vedova o di religiosa, il severo abbigliamento del ritratto mira comunque ad evidenziare quella difficile scelta di vita che la Campiglia deve avere compiuto dopo la rottura del matrimonio, come attestano le espressioni di Vespasiano Zugliano premesse al Discorso di Maddalena sopra l’Annunciatione della Beata Vergine, e la Incarnatione del S. N. Gesù Christo (1585): “Voi Signora Maddalena, la quale come signora di Castella havete domati tutti i vostri pensieri, e morto il vostro senso, e in tal guisa riformato, ch’egli voltate le spalle al Mondo, seguita Christo...”.

Nel dipinto la linea pare addolcirsi nel comporre la bella mano che con gesto elegante si piega a sorreggere il libro, posato su una piccola balaustra, scoperta allusione all’opera poetica. Se, come è noto, a Firenze risultano abbastanza numerosi all’epoca i dipinti che raffigurano donne letterate con i libri in mano (quelli di Maria Salviati del Pontormo e di Laura Battiferri del Bronzino ne sono gli esempi più famosi), nel Veneto questi invece sono senz’altro rari (Burke, 1999, pp. 1107-1108). Non è difficile pensare che il pittore sia stato guidato verso l’insolita, se vogliamo, provocatoria iconografia dalla forte personalità della Campiglia che nei suoi scritti appare cosciente del suo valore.

Certamente apprezzabile sotto il profilo dello stile - osserva lo Sgarbi (in Museo ritrovato…, 1986) come il Maganza in questo caso riesca “a sostenere l’equilibrio tra gli schemi tintoretteschi e bassaneschi, nel volto livido, impietrito” del personaggio - il ritratto, tra gli esiti più rigorosi dell’arte di Alessandro Maganza, da collocarsi tra le fine del nono e l’inizio dell’ultimo decennio del cinquecento, acquista pertanto valore anche come documento, illuminando con il suo linguaggio essenziale ed incisivo un’esistenza singolare, non priva di contraddizioni, certo provata dalla sofferenze fisiche e spirituali, vissuta contro corrente.

Bibliografia

Morsolin, 1882, pp. 58-59; Ongaro, 1912, p. 44 (scuola veneta); Arslan, 1934, p. 17 (scuola veneta); Fasolo, 1940, p. 106 (scuola veneta); Barioli-Ballarin An., in Il Gusto…, 1973, pp. 108-109; Sgarbi, in Museo ritrovato…, 1986, p. 131, cat. B25; Dossi, 1991-1992, p. 81, n.32.

Esposizioni

Vicenza, 1973, pp. 108-109; Vicenza, 1986, p. 131, cat. B25.

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